Rabbia e veleni di una città che vive e muore di Ilva. E gli operai con i figli malati: “Sì, aveva ragione chi protestava”
(Fonte: Repubblica.it)
Rabbia e veleni di una città che vive e muore di Ilva.
E gli operai con i figli malati: “Sì, aveva ragione chi protestava”.
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COSA c’è di diverso è che gli muoiono in mano i figli bambini e ora sanno perché.
Che non possono mangiare il formaggio delle loro pecore né le cozze del loro mare.
Che i pediatri negli ospedali congedano le puerpere raccomandando omogeneizzati al posto delle prugne cotte.
E latte in polvere anziché quello del seno perché nella frutta degli alberi e nel latte delle madri c’è il veleno, e ora sanno qual è.
Cos’è cambiato sta tra la culla e il tavolo da pranzo, dentro le vite di ciascuno.
I figli che impallidiscono di leucemia, il cibo che sparisce dai piatti. L’unica cosa che conta, l’unica cosa seria: nascere e crescere i figli, mangiare.
È così che dopo tutti questi anni, quasi cinquanta dalla posa della prima pietra della Fabbrica, la voce di quelli che trenta, venti, dieci anni fa dubitavano e obiettavano, poi scrivevano e chiedevano, poi protestavano, poi urlavano piangendo e maledicevano – pazzi, esagitati, estremisti, anime belle ambientaliste, nemici del lavoro e del popolo – è così che poco a poco quella voce sottile e molesta è diventata la verità di tutti. Se si muore, a Taranto, è colpa del “minerale”. Così lo chiamano le vedove analfabete che ti aprono casa per mostrarlo che a chili si accumula nero sotto le loro scope, le madri che lavano la faccia ai figli al ritorno da scuola, quando c’è vento i bimbi arrivano a casa con la faccia che brilla come se fossero truccati per andare
in discoteca. Il minerale. I residui di ferro che luccica, la polvere nera che vola e si fa aria, entra nei polmoni e poi nel sangue. Nel minerale il veleno: la diossina che per decenni si è mangiata gli uomini da dentro, mascherata da fatalità destino malasorte. A volerci credere, a doverci credere “perché noi lo sentivamo il rumore la notte e la vedevamo la polvere nera ma, ci crede?, ci faceva piacere perché erano il rumore a la polvere che ci davano da vivere. Gli uomini uscivano per andare a lavorare e portavano i soldi a casa. Che altro dovevamo volere”.
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