L’art. 36 Cost., che sancisce il principio della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dallart. 98 Cost. e dall’art. 97 Cost., contrastando lesercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con il buon andamento e imparzialità dellamministrazione, nonchè con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari. Anche l’art. 2126 c.c. non è invocabile in tema di esercizio di mansioni superiori svolte in via di fatto nel pubblico impiego, atteso che esso riguarda il principio di retribuibilità del lavoro prestato sulla base di un contratto o di un atto nullo o annullato (da ultimo in tal senso Consiglio di Stato, V, 5 aprile 2005, n.1534). In proposito (C.d.S. Sez. IV, n.1213 del 22 marzo 2005), si ritiene che nel pubblico impiego (Ad. Pl. C. di Stato, n.22 del 18 novembre 1999) sia la qualifica e non le mansioni, il parametro al quale la retribuzione è [ ] riferita, considerato anche lassetto rigido della p.a. sotto il profilo organizzatorio [ ], con la conseguenza che la amministrazione è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consenta tale assegnazione e tale maggiorazione. Pres. SALTELLI – Est. DE FELICE – Pritoni (avv.ti Clarizia, Carullo e Belli) c. Ministero delle Finanze (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sezione prima, sentenza n.245/1999).
(AG)