Nel 20% dei comuni campione dindagine sono presenti strutture sensibili o strutture ricettive turistiche nelle aree classificate a rischio idrogeologico, mentre il 36% dei comuni non viene ancora realizzata una corretta manutenzione del territorio. Nonostante sia così pesante lurbanizzazione delle zone a rischio appena il 7% delle amministrazioni comunali ha provveduto a delocalizzare abitazioni e solo nel 3% dei casi sono stati avviati interventi di delocalizzazione dei fabbricati industriali.
E partendo da queste considerazioni che Legambiente lancia unappello alle amministrazioni comunali e provinciali (vedi link) per stringere insieme unalleanza, che coinvolga tutti gli attori, istituzioni regionali, nazionali, e autorità di bacino, in grado di portare il proprio contributo per attuare una seria e concreta politica di difesa del suolo e mitigazione del rischio idrogeologico.
A fronte di una totale assenza di interventi preventivi per la mitigazione del rischio assistiamo ogni volta alla corsa ai finanziamenti straordinari per calamità naturale ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza presidente nazionale di Legambiente per dimenticarsi subito dopo i buoni propositi e ricadere nei vecchi vizi. Si torna, quindi, a richieste assolutamente controproducenti, come la deperimetrazione di qualche porzione di area a rischio idraulico per riuscire a concedere nuove costruzioni o a proposte prive di conoscenze tecniche come quelle che chiedono lescavazione di inerti. Unoperazione queste, non solo vietata per legge, ma con lunico risultato di aggravare la situazione, minando le fondamenta dei ponti e aumentando linstabilità degli argini.
E per questo ha aggiunto Cogliati Dezza che Legambiente chiede agli Enti locali, a partire dai Comuni di creare unalleanza che coinvolga tutti gli attori in gioco, lo Stato, le Regioni, le Autorità di Bacino, ma anche le associazioni per programmare per tempo gli interventi di prevenzione e difesa da frane e esondazioni.
La vera urgenza, infatti, è il superamento della cultura degli interventi post-disastri. Gli enti gestori del territorio devono fare, inftti, un generale mea culpa, impostando una gestione organica e sistemica del suolo in tutti i suoi aspetti, urbanistici, ambientali, sociali. E questa la vera grande opera pubblica da chiedere al Governo, al posto di dannosi e inutili miraggi come il Ponte sullo stretto di Messina.
(LG-FF)