Scarichi tossici, 2 fornitori di Apple sotto inchiesta per danni ambientali

Sono la Foxconn e la UniMicron, avrebbero scaricato nei fiumi dell’area di Shanghai massicce dosi di metalli.

Scarichi tossici, due fornitori di Apple sotto inchiesta per danni ambientali.
Sono la Foxconn e la UniMicron, avrebbero scaricato nei fiumi dell’area di Shanghai massicce dosi di metalli.

Greenpeace: “L’impatto ambientale della crescita dei consumi elettronici è significativo.

Greenpeace l’aveva declassata a fine 2012 abbassandole il rating ambientale da 6 a 4,6. Adesso per la Apple arriva la doccia fredda dalla Cina: alcune ditte appaltatrici dell’azienda di Cupertino sono finite sotto inchiesta per inquinamento.

Si tratta della Foxconn, un’impresa che tre anni fa era finita sotto i riflettori per il suicidio di una decina di suoi dipendenti, e della UniMicron: avrebbero scaricato dosi massicce di metalli tossici nei fiumi dell’area di Shanghai.

A far partire la denuncia sono stati cinque gruppi ambientalisti che hanno accusato le appaltatrici del colosso americano di aver inquinato due affluenti dello Huangpu e dello Yangtze. Secondo l’esposto, le sostanze nocive avrebbero innalzato il tasso di incidenza di alcuni tumori in una comunità che vive lungo uno dei fiumi.

La vicenda si inserisce in un giro di vite che la Cina ha deciso di dare sul fronte dell’inquinamento.

Dopo aver tollerato per anni la crescita del livello di sostanze nocive, Pechino si è trovata a fronteggiare una situazione che rischia di sfuggirle di mano facendole pagare un prezzo altissimo per l’industrializzazione a tappe forzate secondo i vecchi schemi.

La quantità di veleni nell’aria delle città è diventata un deterrente che frena lo sviluppo. Le nuvole di polvere prodotte dall’avanzata della desertificazione raggiungono le coste americane.

Alcuni dei principali fiumi non arrivano più al mare per un lungo periodo dell’anno.

Di qui la doppia svolta cinese. Da una parte l’affondo sulle fonti rinnovabili che ha fatto di Pechino il leader globale in questo settore. Dall’altra una stretta legislativa: è stata abbassata la soglia oltre la quale scatta il reato di crimine contro l’ambiente e la detenzione fino a 10 anni (tra le attività più colpite: scaricare sostanze radioattive in fonti di acqua potabile o riserve naturali e causare incidenti che avvelenino più di 30 persone o costringano all’evacuazione di oltre 5.000 persone).

Visualizza l’intero articolo di Antonio Cianciullo, su Repubblica.it

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