La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 38 depositata il 17 marzo 2015, ha affermato che l’abbruciamento di materiale vegetale residuale naturale derivante da attività agricole o da manutenzione di orti o giardini privati, effettuato nel rispetto delle prescrizioni dettate dai regolamenti comunali di polizia rurale e dei requisiti minimi uniformi stabiliti dalla legge regionale, non costituisce attività di gestione dei rifiuti o di combustione illecita.
La Corte Costituzionale aveva già avuto modo di esprimersi in questo senso anche a prescindere “dall’intervento del legislatore statale che – nel nuovo art. 182, comma 6-bis, introdotto nel codice dell’ambiente con l’art. 14, comma 8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 116 – ha esplicitato che «[l]e attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti».
Nella sentenza n. 16 del 2015, la Corte ha ritenuto, per un verso, che, come attestato a più riprese dalla Corte di cassazione (ex plurimis, terza sezione penale, sentenze 7 marzo 2013, n. 16474, e 7 gennaio 2015, n. 76), l’art. 185, comma 1, lettera f), del codice dell’ambiente, e quindi anche le corrispondenti disposizioni della direttiva n. 2008/98/CE, consentivano – pure anteriormente alla ricordata introduzione del comma 6-bis nell’art. 182 – di annoverare tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, in quanto considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura”
Nella sentenza n. 16 del 2015, la Corte ha ritenuto, per un verso, che, come attestato a più riprese dalla Corte di cassazione (ex plurimis, terza sezione penale, sentenze 7 marzo 2013, n. 16474, e 7 gennaio 2015, n. 76), l’art. 185, comma 1, lettera f), del codice dell’ambiente, e quindi anche le corrispondenti disposizioni della direttiva n. 2008/98/CE, consentivano – pure anteriormente alla ricordata introduzione del comma 6-bis nell’art. 182 – di annoverare tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, in quanto considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura”
Fonte: Corte Costituzionale
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