“Sicurezza sul lavoro e principi di giustizia, o viceversa?” di Alessandro Mazzeranghi

Pubblichiamo l’approfondimento “Sicurezza sul lavoro e principi di giustizia, o viceversa?” di Alessandro Mazzeranghi, MECQ.

Perché questo articolo

È una questione complessa, ma vorremmo comunque fare un tentativo di riportare il tema della salute e della sicurezza sul lavoro ai suoi elementi essenziali e fondanti, per dimostrare che prima di applicare le leggi “così come sono”, dobbiamo avere ben chiare le finalità generali che sono alla base dell’impegno che ogni azienda deve porre sul tema citato.
Cercheremo di dimostrare che un approccio alla salute e alla sicurezza sul lavoro basato sulla legge o peggio, basato su una legge speciale come il D.Lgs. 81/2008 (e se vogliamo possiamo anche aggiungere il D.Lgs. 231/2001 con particolare riferimento all’articolo 25 septies introdotto nel 2007), è davvero troppo limitativo rispetto al valore intrinseco dell’argomento. Limitativo e talvolta anche fuorviante.
Questa tematica viene spesso affrontata in forma tecnica (ricordiamo il noto motto “valutare tutti i rischi”), là dove cerchiamo di dimostrare che, appunto, le prescrizioni legali non garantiscono la esaustività e la completezza che vorremmo perseguire; ma ancora prima dei limiti tecnici dovremmo evidenziare i limiti concettuali di leggi fatte (bene ma non perfettamente) da tecnici.
Di seguito proveremo a fare un passo indietro per dimostrare che tali leggi sono strumenti utili, sia come linee guida tecniche che come strumenti di coercizione, ma devono essere inquadrate in una visione più ampia. Nel farlo utilizzeremo alcuni concetti fondanti del concetto di giustizia elaborato da A. Sen (premio Nobel per l’economia nel 1998), anche se l’autore li applica di preferenza ad argomenti legati alla economia, mentre noi parliamo della tutela della integrità fisica e psichica della persona (dando prevalenza alla integrità fisica, per una elementare questione di priorità).
Ulteriore limitazione: il ragionamento prende a principale riferimento la realtà italiana; il discorso si può facilmente estendere all’Europa intera, senza modifiche particolari, ma andrebbe rivisto con attenzione se lo si volesse applicare alla realtà dei così detti paesi emergenti o dei paesi del “quarto” mondo.

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