Siti industriali a rischio:l’area di Massa Carrara

Un’indagine epidemiologica dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa e dell’Osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia di sanità della Toscana, relativa al periodo 1995-2000 ha rilevato che la mortalità generale nell’area di Massa Carrara,a dieci anni dalla chiusura di due grossi impianti chimici, rimane la più elevata rispetto al dato regionale.

Di particolare interesse si è rivelata l’indagine epidemiologica sulla mortalità nell’area di Massa Carrara 1995-2000 svolta dall’Istituto di fisiologia (Ifc) del CNR di Pisa e dall’Osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia di sanità della Toscana.
Nell’area di Massa e Carrara,nel decennio successivo alla chiusura degli impianti ANIC-Agricoltura e Farmoplant,la mortalità generale e per numerose cause specifiche rimane più elevata rispetto al dato regionale.
Particolarmente significative le differenze riscontrate nei maschi per tutte le cause di mortalità nei due comuni: si sono registrati 391 decessi in più di quanti attesi sulla base della mortalità regionale. In eccesso anche la mortalità maschile per tutti i tumori (+170 decessi rispetto a quelli calcolati sulla mortalità regionale media), per le malattie dell’apparato respiratorio (+80),perla cirrosi epatica (+107),per i tumori del polmone(+ 61) e del fegato(+47).Risultano in eccesso anche le morti per cause più rare come le neoplasie della laringe (+ 17) e della pleura(+10).Nelle femmine è risultata in eccesso la mortalità per cirrosi epatica (+40) e quella per tumore al fegato (+27).
A commento di tali dati, l’indagine tiene a sottolineare che vi sia una connessione con il fatto che la zona industriale apuana – seppure caratterizzata dalla estrazione e lavorazione del marmo –comprendeva sino alla metà degli anni ottanta un polo chimico, la cui dismissione si è resa necessaria in seguito ad una serie di incidenti iniziati nel 1978 e culminati il mattino del 17 luglio 1988 con due esplosioni nel reparto di produzione del pesticida Rogor3. Dopo dieci anni dalla chiusura degli impianti ed in attesa del completamento delle bonifiche, lo studio conferma in quest’area un alto indice di mortalità che rafforza l’ipotesi di un legame tra esposizioni occupazionali e alcune cause di morte, che non esclude un contributo di esposizioni di tipo ambientale.

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