SNPA, pubblicato il “Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici”

La redazione del “Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici” è il risultato di un lungo e complesso lavoro, coordinato da ISPRA con il supporto di numerose Agenzie regionali del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, e rappresenta il primo passo verso la costruzione di un quadro conoscitivo oggettivo, attendibile e sistematico a supporto della definizione, pianificazione e implementazione delle politiche di adattamento climatico in Italia.

Presentato, il 30 giugno 2021, il primo “Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici” SNPA dove l’ambiente alpino e i mari italiani sono gli osservati speciali nel monitoraggio degli effetti dei cambiamenti climatici in Italia. I ghiacciai si ritirano ogni anno di più e i mari mostrano evidenti aumenti di temperatura, con alterazioni marcate nel Mar Ligure, Adriatico e Ionio Settentrionale che mostrano evidenze di stress idrico per le colture e le specie vegetali.

Sono 20 gli indicatori scelti dal gruppo di lavoro di 18 tecnici, opportunamente coadiuvati da altre decine di esperti provenienti non solo dalle Agenzie per la protezione dell’ambiente o da Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ma anche da altri istituti ed enti di ricerca, racchiusi nel report che rappresenta il primo studio di questo livello sul monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia.

L’ambiente alpino presenta evidenti tendenze alla deglaciazione, a causa dell’effetto combinato delle elevate temperature estive e della riduzione delle precipitazioni invernali, si registra una perdita costante di massa con una media annua pari a oltre un metro di acqua equivalente (cioè lo spessore dello strato di acqua ottenuto dalla fusione del ghiaccio) dal 1995 al 2019.
A tali fenomeni si aggiunge una chiara tendenza al degrado del permafrost, l’analisi di due siti pilota regionali evidenzia un riscaldamento medio di +0,15° C ogni 10 anni con un’elevata probabilità di “degradazione completa” entro il 2040 in uno dei due siti.

Passando dai monti al mare la situazione mostra ancora segnali inequivocabili, all’aumento della temperatura del mare corrisponde una significativa variazione della distribuzione delle specie, con un aumento della pesca nei mari italiani di quelle che prediligono temperature elevate (specie di piccole dimensioni come acciuga, sardinella, triglia, mazzancolle e gambero rosa), che si stanno diffondendo sempre più a nord nei mari italiani. Penalizzate invece le specie di grandi dimensioni, talvolta di grande interesse commerciale.
Le variazioni del livello del mare costituiscono fonte di preoccupazione per le conseguenze sulle coste, gli incrementi di pochi millimetri l’anno, con picchi nel Mare Adriatico, sono continui e appaiono ad oggi irreversibili. Particolare attenzione merita il caso di Venezia, dove è presente un fenomeno combinato di eustatismo (innalzamento del livello del mare) e subsidenza (abbassamento del livello del terreno).

Evidenze di stress idrico per le colture e specie vegetali analizzate si riscontrano in alcune zone pilota dove la carenza continuativa di rifornimento idrico valutata in diversi mm/decennio può comportare sul lungo periodo possibili conseguenze sul ciclo di crescita e riproduttivo, e una consistente perdita produttiva con evidenti ricadute economiche.

I segnali che emergono sembrano già delineare per l’Italia fattori di criticità sia per le risorse naturali che per i settori socio-economici indagati: nella maggior parte dei casi le tendenze rilevate appaiono già coerenti con quanto atteso in un contesto di cambiamento climatico, ma sarà dalla continua osservazione dei fenomeni nel tempo, dall’analisi statistica dei dati e dalle operazioni di validazione con dati sul campo, che le attuali evidenze potranno essere confermate nonché depurate dall’effetto di altri fattori e più chiaramente attribuite alle variazioni del clima in atto.

Fonte: SNPA

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