Stati Generali Acque Pulite

Le dichiarazioni del Ministro Galletti agli Stati Generali Acque Pulite del 24 marzo 2015.

La gestione e la salubrità delle risorse idriche è un tema sul quale l’Italia, per diverse ragioni, presenta della criticità, sanzionate anche dall’Unione Europea. Criticità che incidono sui servizi erogati ai cittadini e al sistema produttivo.

Disinquinamento e infrastrutturazione idrica sono misure essenziali per la tutela della qualità e per l’uso efficiente delle acque. In particolare, raggiungere adeguati livelli di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane rappresenta un elemento di civiltà e di tutela dell’ambiente ma anche requisito indispensabile per conseguire gli obiettivi fissati dalla Diretta Quadro dell’Unione Europea in materia.

La Direttiva 2000/60 impone a tutti gli stati membri di organizzare un adeguato sistema di depurazione e di adottare piani di gestione con le misure più idonee per conseguire gli obiettivi di tutela qualitativa e quantitativa e di efficiente gestione delle risorse a livello di distretto idrografico.

Il 2015 è un anno importantissimo in vista di tali obiettivi. Entro l’anno dovrebbero essere conseguiti gli obiettivi di qualità di “buono stato” per tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei previsti dall’Unione Europea e, sempre entro quest’anno, è previsto il primo aggiornamento dei piani di gestione che devono essere in grado di:
– conciliare gli obiettivi ambientali e quelli economici introducendo misure che offrano acqua potabile in quantità sufficienti per la natura, le persone e l’industria;
– garantire la sostenibilità e la vitalità economica a lungo termine del settore agricolo e dell’acquacoltura;
– sostenere la produzione di energia, il trasporto sostenibile e lo sviluppo del turismo, contribuendo in tal modo a una crescita realmente verde dell’economia europea.

Tuttavia, secondo le stime della Commissione Europea e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’obiettivo del buono stato al 2015 sarà probabilmente raggiunto solo per poco più della metà (53%) delle acque dell’Unione.
Per quanto riguarda in modo specifico il territorio italiano, l’applicazione della direttiva sta presentando aspetti di particolare complessità che derivano da vari fattori:
– la densità abitativa, che è quasi il doppio della media europea;
– l’eterogeneità dei bacini idrografici, che vanno dal grande bacino del Po a bacini medi, piccoli e piccolissimi, molti dei quali caratterizzati da regimi idrici effimeri;
– la più scarsa disponibilità media annuale di acqua dolce tra i paesi OCSE, principalmente a causa della non omogenea e non sempre efficiente distribuzione della risorsa sul territorio;
– un tasso di prelievo pro capite superiore alla media OCSE, che corrisponde a circa il 30% delle risorse idriche rinnovabili e secondo la definizione dell’OCSE classifica l’Italia come paese soggetto a stress idrico medio-alto.

Inoltre, la fornitura idrica potabile e civile avviene per la maggior parte attraverso l’approvvigionamento da acque sotterranee che costituiscono una riserva strategica per il Paese, e sono perciò soggette a una forte pressione.
In alcuni bacini idrografici, il tasso di sfruttamento delle acque sotterranee supera la capacità di rigenerazione della falda stessa con ripercussioni negative sull’ambiente e sulle attività produttive.

Si prevede perciò che il 36% dei corpi idrici superficiali e l’11% di quelli sotterranei non raggiungeranno l’obiettivo del “buono stato” fissato per il 2015 dalla direttiva, ma piuttosto alla scadenza dei prossimi cicli di pianificazione, e cioè nel 2021 o nel 2027.

E’ quindi necessario incrementare l’efficienza delle misure di controllo dell’inquinamento. Al tempo stesso è indispensabile rendere efficiente la gestione delle risorse attuando finalmente le autorità di distretto e assicurando l’istituzione e la piena funzionalità degli enti di governo d’ambito.

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