Dal parco nazionale del Virunga in Congo a quello del Lago Malawi, fino a uno dei più grandi parchi faunistici mondiali, la riserva Selous in Tanzania, 25 patrimoni mondiali su 41 (61%) sono interessati da attività o concessioni per le estrazioni. In Asia il problema riguarda 24 siti su 70 (34%), nell’America latina e caraibica 13 su 41 (31%). La situazione è meno grave in Occidente: in Europa e Nord America sono in pericolo 7 siti su 71 (10%). Tra questi il parco nazionale del Coto Donana, situato nell’estuario del fiume Guadalquivir, nel sud della Spagna, una delle zone umide più importanti d’Europa per l’unicità della biodiversità che ospita.
I siti naturali Patrimonio dell’umanità, che coprono meno dell’1% della superficie del Pianeta e hanno un valore eccezionale in termini di specie e paesaggi, corrono un rischio crescente di sfruttamento e di danni irreparabili, che a loro volta danneggiano le comunità dipendenti da questi luoghi per la sussistenza. La minaccia interessa anche alcuni degli animali più rari del Pianeta, come i gorilla di montagna e gli elefanti africani, i leopardi delle nevi, cetacei e le tartarughe marine.
Se questi siti e i loro ecosistemi rimanessero intatti, sottolinea il WWF, sarebbero preservate aree uniche che garantirebbero importanti benefici a lungo termine: il 93% dei Natural World Heritage Sites garantiscono benefici legati al turismo e alla ricreazione; il 91% garantisce interessanti sviluppi occupazionali e creazione di posti di lavoro; il 84% contribuisce e promuovere e diffondere cultura e istruzione.