L’ultima relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente conferma che le acque di balneazione in Europa sono di alta qualità, con il 95% dei siti che soddisfa gli standard minimi stabiliti dalla legislazione UE , e mostra come il miglioramento della qualità dell’acqua di balneazione possa servire da modello per una legislazione e una gestione ambientale di successo.
L’ultima relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente “Bathing water management in Europe: Successes and challenges” 2020 conferma che le acque di balneazione in Europa sono di alta qualità, con il 95% di questi siti che soddisfa gli standard minimi di qualità delle acque stabiliti dalla legislazione dell’UE.
Questo grazie ad una politica in materia di acque di balneazione che parte dagli anni ’70 e mira a proteggere la salute umana e l’ambiente. La direttiva riveduta sulle acque di balneazione (BWD) del 2006 ha aggiornato e semplificato tali norme. Esso impone agli Stati membri di monitorare e valutare le acque di balneazione per almeno due parametri di batteri (fecali). Il monitoraggio e la gestione sistematici introdotti dalla direttiva sulle acque di balneazione (UE, 2006) i grandi investimenti negli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e il miglioramento delle reti di acque reflue hanno portato a una drastica riduzione degli inquinanti rilasciati attraverso acque reflue urbane non trattate o parzialmente trattate. Grazie a questi continui sforzi, la balneazione è oggi fattibile nelle acque superficiali urbanizzate e precedentemente fortemente inquinate. Un bagno sicuro è ora possibile in molte capitali europee, tra cui Amsterdam, Berlino, Budapest, Copenaghen, Londra, Riga e Vienna.
Il numero di acque di balneazione in Europa aumenta ogni anno, da circa 7.500 nel 1990 a più di 22.000 nel 2019.
Nel 2019 i paesi hanno individuato 22 295 acque di balneazione, 164 in più rispetto all’anno precedente e 813 in più rispetto alla stagione balneare 2015. La quota delle acque classificate eccellente è cresciuta continuamente dall’adozione della direttiva fino al 2015, quando si è stabilizzata intorno all’85%. Nel 2019 era dell’84,6% in tutta Europa e dell’84,8% nei paesi dell’UE.
Il nuovo rapporto dell’EEA mostra come il miglioramento della qualità dell’acqua di balneazione possa servire da modello per una legislazione e una gestione ambientale di successo.
Nel 2019 la permanenza di acque di classe scarsa (1,3%), sebbene diminuite dal 2013 (2%) evidenzia ancora la necessità di mitigare ancora le pressioni esistenti ed emergenti, in particolare quelle derivanti dal cambiamento climatico, l’inquinamento da nutrienti, sostanze chimiche e plastica. Solo in questo modo si potrà raggiungere a pieno l’obiettivo della direttiva, ovvero proteggere la salute umana partendo dal miglioramento ambientale. La sfida che rimane ancora aperta è quella di integrare sempre di più gli aspetti ambientali con la classificazione e la balneabilità di un’acqua.
In questo ambito annualmente il Ministero della salute trasmette ad ISPRA le informazioni circa la classificazione e la presenza di inquinamento microbiologico delle oltre 5000 acque di balneazione italiane. Tali risultati vengono elaborati al fine di compilare indicatori sulla balneazione sia per l’Annuario dei dati ambientali sia per il Rapporto della qualità delle aree urbane. Inoltre, sulla base delle criticità riscontrate nella gestione della qualità delle acque di balneazione partecipa e coordina ad attività tecniche volte al miglioramento dell’attuazione nazionale delle norme europee su questa tematica. In particolare, è stato istituito un gruppo di lavoro SNPA, proposto e coordinato da ISPRA, per la stesura di linee di indirizzo per lo studio dell’area d’influenza ai fini della gestione delle acque di balneazione. Il Manuale si pone l’obiettivo di delineare un metodo condiviso per la gestione delle acque di balneazione, derivante dalla messa a sistema dei criteri tecnici e delle procedure adottate dalle Agenzie Regionali (ARPA/APPA) in diversi contesti territoriali della costa italiana.
Fonte: ISPRA
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