UNEP, calo del settore delle energie pulite nell’Unione Europea

L’ultimo Rapporto dell’UNEP certifica che l’UE, dopo aver guidato per anni l’implementazione delle rinnovabili nel sistema energetico, sta ora perdendo questa posizione di leadership segnando l’anno scorso il suo punto più basso negli investimenti del settore.

Nel Rapporto dell’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) “Global Trends in Renewable Investment Energy 2016”, giunto quest’anno alla decima edizione, si legge che “L’Italia ha visto gli investimenti in energie rinnovabili scendere sotto il miliardo di dollari, giù del 21% sul 2014 e molto lontano dal picco di 31,7 miliardi di dollari segnato durante il boom del fotovoltaico nel 2011. I tagli retroattivi agli incentivi di sostegno per il solare hanno contribuito a smorzare l’interesse degli investitori lo scorso anno”.

Ma è l’Unione Europea nel suo insieme che nel 2015 ha toccato il suo punto più basso dal 2006, con investimenti pari a 48,8 miliardi di dollari (il 17% del totale mondiale), contro un picco di 131,7 miliardi nel 2011, nonostante gli investimenti record nel settore dell’eolico.
Questi dati sottolineano che l’UE non solo rischia di perdere la leadership tecnologica per le rinnovabili, ma anche di mettere in pericolo il conseguimento dell’obiettivo del 20% al 2020 del fabbisogno energetico prodotto da energie rinnovabili, previsto nel Pacchetto “Clima ed Energia”.

A livello globale, il 2015 si segnala per aver raggiunto il picco di 286 miliardi di dollari, il 3% in più rispetto al precedente record del 2011, e più del doppio degli investimenti del 2015 per gli impianti di produzione elettrica a carbone e gas.
Ma il dato più interessante è che per la prima volta i Paesi in via di sviluppo hanno investito nelle tecnologie energetiche pulite più dei Paesi ricchi.

In totale si sono aggiunti lo scorso anno altri 134 GW di energia pulita, escluso il grande idroelettrico (22 GW), che hanno consentito di evitare altre 1,5 Gtonn. di emissioni in atmosfera.
Come per gli anni precedenti, il Rapporto indica nell’energia eolica e nel fotovoltaico le due tecnologie che hanno fatto da traino (rispettivamente 62 GW e 56 GW), seguite a molta distanza da biomasse, energia da rifiuti, geotermia, solare termico.

Da rimarcare l’attenzione che il 2015 ha riservato in termini di investimenti allo stoccaggio con batterie, come pure a progetti eolici e fotovoltaici di piccole dimensioni.
Il Rapporto sottolinea che l’accumulo di energia costituisce una notevole importanza perché è uno dei modi per dare una risposta rapida al problema del bilanciamento delle reti, sia per affrontare i picchi di domanda come pure la variabilità di produzione dell’energia rinnovabile eolica e solare.
L’anno scorso sono stati installati quasi 250 MW di stoccaggio dell’elettricità (escludendo il pompaggio idroelettrico e le batterie al piombo), contro i 160 MW del 2014.

Con il 10,3% di energia elettrica generata da fonti rinnovabili nel 2015 (nel 2014 era del 9,1%), secondo il Rapporto, è in atto un vero e proprio cambiamento strutturale, anche se è ancora una piccola parte della potenza totale installata nel mondo.
Le minacce sull’orizzonte delle rinnovabili sono ancora tante, nonostante le dichiarazioni ufficiali dei G7 e G20 e quelle dei leader politici che sostengono la necessità di intraprendere con maggior velocità il percorso per la decarbonizzazione energetica, salvo poi continuare a sostenere con sussidi le fonti fossili. Il calo del prezzo di carbone, petrolio e gas rischia di spostare ancora gli investimenti su queste fonti per la produzione di elettricità. Se poi si invoca il rischio che un brusco passaggio all’economia low-carbon possa costituire un elemento destabilizzante per i mercati finanziari, invitando la comunità globale, come ha fatto di recente il Fondo Monetario Internazionale, a sostenere la domanda di petrolio, si capisce ancora di più come la strada per le rinnovabili sia tutta in salita.

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