“Valutazione e gestione dei rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici (CEM)” di Laura Filosa e Vanni Lopresto

Pubblichiamo l’approfondimento “Valutazione e gestione dei rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici (CEM). Una bussola per mantenere la giusta rotta sul campo” di Laura Filosa, INAIL – CONTARP Roma e Vanni Lopresto, ENEA – Direzione Infrastrutture e Servizi, Servizio di Prevenzione e Protezione (ISER-SPPCAS) Roma.

Valutazione e gestione dei rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici (CEM). Una bussola per mantenere la giusta rotta sul campo

La trasformazione digitale in atto ha permesso alla società contemporanea di evolvere verso un nuovo orizzonte in cui la connettività mobile, sempre più pervasiva, è l’elemento conduttore dell’inizio del terzo millennio, condizione impensabile solo 200 anni fa, quando, per la prima volta il fisico danese Oersted dimostrava la prima correlazione tra elettricità e magnetismo mediante l’uso di una bussola in prossimità di un filo elettrico percorso da corrente. Ventuno anni fa, in occasione dei mondiali di calcio Italia ’90, a partire dalla richiesta di sviluppo di un sistema nazionale di telefonia mobile cellulare e al suo sviluppo e diffusione di massa nel corso del decennio successivo, il termine radiazione ha innescato una percezione del rischio da esposizione ai campi elettromagnetici (CEM) spesso distorta che ha portato a reazioni contrastanti anche a causa di una informazione non sempre fondata su basi scientifiche. In parallelo, al fine della tutela della salute, sono stati avviati progetti di ricerca interdisciplinari, sia nazionali che internazionali, per approfondire l’eventuale esistenza di possibili effetti sulla salute e per lo sviluppo di applicazioni nel campo della diagnostica e della terapia medica. Gli esempi in letteratura sono molteplici. Si citano, ad esempio, il Progetto MIUR/CNR-ENEA Salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente dalle emissioni elettromagnetiche (2001-2003), il Parere sui potenziali effetti da esposizione ai CEM del 2015, SCENHIR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks), lo studio epidemiologico Interphone Study reports on mobile phone use and brain cancer risk della IARC (International Agency for Research on Cancer) condotto dal 2000 al 2004 e i cui risultati finali sono stati pubblicati nel 2010. Tra i diversi progetti, la ricerca EMF-NET, conclusa con la pubblicazione di una serie di rapporti nel 2008, rappresenta forse la migliore sintesi delle conoscenze a quella data. Dal 2009 al 2012 è stato attivo, con obiettivi in parte simili, il progetto EFHRAN, rete europea per la valutazione dei rischi sanitari dei CEM. Gli studi sugli effetti dell’esposizione umana ai CEM non hanno riguardato solo l’impatto dei campi ad alte frequenze, correlato allo sviluppo della telefonia mobile. Infatti, dalla fine del 1800 e con particolare attenzione negli ultimi 30 anni, sono stati condotti numerosi studi anche sulle esposizioni residenziali e professionali ai campi alle basse frequenze, con particolare riferimento alle frequenze di rete (50/60 Hz) delle infrastrutture di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica.

I CEM interagiscono con l’essere umano e, se superano determinate soglie, possono dar luogo ad effetti biologici e/o sanitari. È stata, pertanto, sviluppata da decenni un’ampia letteratura legislativa e tecnico-normativa a tutela della salute della popolazione ed una, meno restrittiva nei limiti ma non meno cautelativa, a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
L’articolo, nello specifico, intende focalizzare l’attenzione non tanto sull’esposizione residenziale ai CEM della popolazione quanto, piuttosto, sull’esposizione nei luoghi di lavoro, cercando di illustrare alcune problematiche correlate al processo di valutazione e alla relativa gestione del rischio da esposizione ai CEM.

L’articolo completo di Laura Filosa e Vanni Lopresto è disponibile per gli abbonati.

Fonte: Associazione Ambiente e Lavoro

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