Lo ha sentenziato il 4 dicembre 2002 il Tribunale di Pisa, riconoscendo il trattamento pensionistico integrativo previsto dalle leggi in vigore
Con Sentenza del 4 dicembre 2002 – riportata nel link -, il Tribunale di Pisa ha riconosciuto il trattamento pensionistico integrativo previsto dalle leggi 4 agosto 1993, n. 271e art.8 comma 13 della legge 257 del 1992, a favore di alcuni lavoratori in pensione di un’ azienda esposti al rischio amianto nel corso dell’ attività lavorativa. L’ INPS aveva negato i benefici di cui alle leggi menzionate, richiamando, a sostegno delle sue ragioni, la mancata attestazione del rischio da parte da parte dell’ INAIL. Dopo aver deprecato il comportamento dell’ INPS per ” aver chiuso gli occhi di fronte al dato effettivo ( ed addirittura notorio) per sposare acriticamente ( contrario ai principi che dovrebbero governare l’ attività di un Ente Pubblico, preposto alla tutela dei suoi assicurati) le risultanze della mancata attestazione
.con una gestione assolutamente burocratica della faccenda”, il Tribunale si è richiamato alla Sentenza 28 giugno 2001, n. 8859 della Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale in queste controversie l’ INAIL non ha alcun ruolo, né processuale né sostanziale. Secondo il Tribunale, la normativa in materia è chiara e il ruolo del giudice finisce con il corrispondere ad un compito non suo”. Il Giudice monocratico del Tribunale di Pisa, criticando l’ INPS per analoghi atteggiamenti precedenti, nel corso dei quali l’ Istituto stesso ” a dispetto delle consuete proclamazioni di terzietà..utilizza a corredo delle sue memorie di costituzione ( per affermare che l’ Istituto è ente pubblico senza interessi privatistici da tutelare e che agisce nell’ esclusivo interesse della collettività)
..si è avuto che per le stesse lavorazioni una sede provinciale ( Livorno) abbia ricevuto dall’ INAIL l’ attestato di rischio ed un’ altra ( Pisa) no, solo perché una sede Inail ha ritenuto una cosa ed un’ altra l’ opposto”. Il dato normativo al quale parametrare la fattispecie in esame – si legge nella sentenza – è quello del comma 13 dell’ articolo 8 della legge n. 257/92 secondo cui ” per i lavoratori che siano stati esposti ad amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’ intero periodo lavorativo, soggetto all’ assicurazione obbligatoria contro le malattie obbligatorie derivanti dall’ esposizione all’ amianto, gestita dall’ INAIL, è moltiplicato, ai fini della prestazione pensionistica, per il coefficiente di 1,5. All’ evidenza, i presupposti perché il lavoratore abbia diritto ai benefici pensionistici sono l’ aver lavorato per più di dieci anni in condizione di esposizione al rischio derivante dalla presenza di amianto e che il periodo ( soggetto al moltiplicatore 1,5) sia tutto coperto dall’ assicurazione obbligatoria”. Il legislatore, in linea con l’ unanime letteratura medico legale – al fine di individuare un parametro che qualificasse la condizione dell’ avente diritto – ha evitato di utilizzare il criterio della quantità di esposizione ed ha, invece,optato per quello della sua durata, sul presupposto, scientificamente corretto, che una esposizione anche minima ma di lunga durata esprimesse la potenzialità lesiva della condizione lavorativa. Il Tribunale ha condannato l’ INPS a risarcire il danno derivante dal mancato accoglimento della domanda avanzata dai ricorrenti nella misura dei ratei di pensione omessi dalla data della domanda amministrativa a quella di effettiva maturazione del diritto alla pensione ed alle differenze pensionistiche derivante dalla ricostruzione del trattamento.
Fonte: Tribunale di Pisa
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