Il Documento, elaborato da un gruppo di ricercatori coordinati dal sociologo Aris Accornero, è stato presentato a Roma il 5 novembre scorso.
Il 5 novembre scorso, presso la sede del Consiglio Nazionale dell’ Economia e del Lavoro, è stato presentato il Rapporto sul mercato del lavoro 2002 ( vedi testo nel link ). Elaborato da un gruppo di ricercatori coordinati dal sociologo Aris Accornero e curato dalla Commissione dell’ Informazione del CNEL, presieduta da Giuseppe Capo, il rapporto assume, con questa edizione, una cadenza annuale. Il Rapporto fo0tografa i principali avvenimenti e le tendenze che hanno caratterizzato l’ anno 2002, spingendosi fino al 2003. Dall’ andamento dell’ occupazione alla riforma Biagi, con un’ attenzione particolare alla tematica femminile e ad una lettura ” di genere” del mercato italiano. Il testo, inoltre, mette a confronto due macroaree, il pubblico impiego e le professioni, ed è arricchito da numerosi approfondimento tematici: competitività, produttività ed occupazione; le collaborazioni coordinate e continuative; un bilancio del lavoro interinale; la mobilità geografica del lavoro in Italia; il mercato del lavoro nel sistema bancario; carenze di manodopera e carenze di mestiere; i lavoratori extra-comunitari; i dati sull’ occupazione e il ” contatore ” dell’ INAIL ; le politiche del lavoro: beneficiari e spese.Il 2002 viene definito un’ anno al rallentatore, in quanto vede, soprattutto sul fronte dell’ occupazione, un ritmo decelerato, dopo sette anni di crescita, seppure lenta. Un andamento che pur allontanandoci dallo ” sviluppo senza posti”, evoca problemi strutturali e rischi di declino: le performance del mercato del lavoro, infatti, non bastano a risolvere i nodi dell’ economia italiana, quali i divari territoriali e l’ economia sommersa. Insomma, dati in chiaro-scuro, come quello, in particolare, che riguarda l’ occupazione femminile: l’ analisi CNEL ha messo in luce che negli ultimi cinque anni, su un aumento di 1. 622mila posti di lavoro, due terzi sono andati alle donne ( 1.044mila contro 578mila degli uomini) ma il tasso di disoccupazione femminile ( sebbene in leggero calo) si attesta ancora sul 12,2% a fronte del 7% di quella maschile. ” Nel complesso – si legge nel Rapporto – la disoccupazione femminile mostra maggiori difficoltà di riassorbimento e, per mantenere un andamento simile a quella maschile, sono necessarie performance dell’ occupazione 3 o 4 volte superiori”. Dal punto di vista qualitativo invece i posti di lavoro stabili ricoperti da donne sono cresciuti di 800mila unità, mentre tra gli uomini il dato è addirittura negativo ( -227mila), avanza cioè la precarietà. Per quanto riguarda i settori, vengono confermate le tendenze degli ultimi anni: mentre l’ agricoltura ha perso 30.000 posti (- 2,7%), l’ industria ne ha guadagnati 91.000 ( + 1,3%) e i servizi ben 254.000 ( + 1,9%). Un andamento testimoniato dalle ore lavorate ( diminuite nell’ industria dell’ 1,2% e aumentate nei servizi dello 0,2%) e dalle ore di cassa integrazione ( + 28,5% nell’ industria e + 7, 1% nei servizi). In termini dimensionali, hanno continuato a perdere occupati le grandi imprese ( con oltre 500 addetti), che nel complesso danno lavoro al 21% dei dipendenti, le quali nel 2002 hanno perso 34.400 posti di cui 29.000 nell’ industria.
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