La questione è stata rimessa alla Corte europea di settore e, in particolare, sull’articolo 30 della direttiva “servizio universale” (la 2002/22/CE) che stabilisce che gli Stati membri provvedono affinchè tutti gli abbonati ai servizi telefonici accessibili al pubblico, compresi i servizi di telefonia mobile, che ne facciano richiesta conservino il proprio o i propri numeri indipendentemente dall’ impresa fornitrice del servizio. Lo stesso articolo, inoltre, prevede che le autorità nazionali di regolamentazione dispongono affinchè i prezzi dell’ interconnessione correlata alla portabilità del numero siano orientati ai costi e gli eventuali oneri diretti a carico degli abbonati non agiscano da disincentivo all’ uso di tali prestazioni.
Nel primo punto della Sentenza, la Corte, vagliati gli elementi costitutivi dei reali costi di trasferimento di un numero telefonico da un operatore a un altro, stabilisce che i prezzi dell’interconnessione correlata alla portabilità dei numeri riguardano i costi connessi al traffico dei numeri trasferiti nonché ai costi di attivazione sostenuti dagli operatori di telefonia mobile per dare corso alle richieste di trasferimento di numero.
Su tale base le autorità regolamentari nazionali possono definire un metodo per fissare il prezzo dell’ operazione e assicurare la piena efficacia della portabilità, in modo tale che i consumatori non siano dissuasi dall’ uso di questa agevolazione. Ecco, allora che la Corte, giudicando il caso in esame, ha stabilito che le autorità belga abbiano operato correttamente ai sensi della normativa comunitaria e ha deciso che “un provvedimento nazionale può stabilire un metodo determinato per il calcolo dei costi, con lo scopo di fissare ex ante l’ importo massimo dei prezzi che l’ operatore cedente può richiedere all’ operatore cessionario a titolo di costi di attivazione, quando le tariffe siano orientate ai costi in modo da non dissuadere i consumatori dall’ uso dell’ agevolazione della portabilità”.
(LG)