Risarcimento del danno da mobbing: sentenza Cassazione

Con la sentenza 13400/2007 la Cassazione è tornata ad occuparsi di mobbing con riferimento, in particolare, all’individuazione dei limiti del risarcimento del danno in favore del lavoratore

La S.C. torna ad occuparsi di “mobbing” con riferimento, in particolare, all’individuazione dei limiti del risarcimento del danno in favore del lavoratore avuto riguardo ai principi generali in materia di nesso di causalità.

Per la S.C., a mente dei principi affermati dagli artt. 40 e 41 cod. pen., qualora la condotta abbia concorso, insieme a circostanze naturali, alla produzione dell’evento, e ne costituisca un antecedente causale, l’agente deve rispondere per l’intero danno, che altrimenti non si sarebbe verificato.
Non sussiste, invece, nessuna responsabilità dell’agente per i danni non dipendenti dalla sua condotta, che non ne costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti.
Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all’agente i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell’agente stesso per l’intero danno differenziale.
La S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, con riferimento all’azione di un lavoratore che aveva agito per il risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro per ripetuti comportamenti vessatori, aveva riconosciuto la responsabilità datoriale per i soli danni a lui imputabili a titolo differenziale per le ulteriori conseguenze patologiche di tipo depressivo che erano derivate dalla sua condotta, inquadrabile come mera concausa rispetto al quadro clinico del dipendente, già affetto, in precedenza, da una situazione psichica compromessa, sulla quale, perciò, aveva prodotto un effetto di aggravamento e non di causa esclusiva.

AG

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