La Suprema Corte, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 20188 del 22 luglio 2008 si è pronunciata nuovamente in materia di danno biologico e morale a favore delle vittime dei lavoratori morti sul lavoro
La Cassazione si è pronunciata sulla richiesta, avanzata dai parenti di un lavoratore deceduto a causa di un infortunio, di risarcimento del danno biologico sofferto da questi e, in proprio, di risarcimento del danno biologico e morale generato dalla perdita del congiunto.
In sede di merito tali richieste erano state respinte sulla base dell’argomentazione che il lasso di tempo intercorso tra le lesioni e la morte era troppo breve (24 ore) per poter consentire di configurare un danno biologico patito dal defunto.
La Suprema Corte ha così l’occasione per ribadire il principio secondo cui l’evento morte non produce in tutti i casi un danno biologico per la vittima e quindi un diritto al risarcimento per gli eredi, dal momento che occorre valutare il lasso di tempo tra le lesioni ed il decesso e solo nel caso in cui esso sia consistente è possibile configurare un diritto al risarcimento per danno biologico fondato su un effettivo danno all’integrità psico-fisica.
Sebbene in tal modo il bene della vita sia sguarnito di tutela civile, la Cassazione ricorda che per esso sussiste una tutela penale e rileva che il diritto al risarcimento del danno biologico in caso di infortunio mortale è connesso al titolare del bene della vita e quindi fruibile solo da questi.
Per quanto attiene invece al danno e biologico e morale subiti dai congiunti, occorre distinguere:
– la prova del danno morale si presume;
– la prova del danno biologico deve essere fornita sulla base di elementi oggettivi e documentata (v. Cass. Sez. Un. 24 marzo 2006 n. 6572).
In sede di merito tali richieste erano state respinte sulla base dell’argomentazione che il lasso di tempo intercorso tra le lesioni e la morte era troppo breve (24 ore) per poter consentire di configurare un danno biologico patito dal defunto.
La Suprema Corte ha così l’occasione per ribadire il principio secondo cui l’evento morte non produce in tutti i casi un danno biologico per la vittima e quindi un diritto al risarcimento per gli eredi, dal momento che occorre valutare il lasso di tempo tra le lesioni ed il decesso e solo nel caso in cui esso sia consistente è possibile configurare un diritto al risarcimento per danno biologico fondato su un effettivo danno all’integrità psico-fisica.
Sebbene in tal modo il bene della vita sia sguarnito di tutela civile, la Cassazione ricorda che per esso sussiste una tutela penale e rileva che il diritto al risarcimento del danno biologico in caso di infortunio mortale è connesso al titolare del bene della vita e quindi fruibile solo da questi.
Per quanto attiene invece al danno e biologico e morale subiti dai congiunti, occorre distinguere:
– la prova del danno morale si presume;
– la prova del danno biologico deve essere fornita sulla base di elementi oggettivi e documentata (v. Cass. Sez. Un. 24 marzo 2006 n. 6572).
AG
Fonte: Corte di Cassazione