Né l’assoluzione di un vertice dell’azienda comporta automaticamente l’assoluzione della società. Sono gli ultimi chiarimenti forniti dalla Cassazione sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Inoltre, i giudici hanno precisato che è responsabile in via amministrativa anche la società che corrompe i funzionari accertatori per pagare meno imposte.
Continuano così gli interventi sul perimetro della responsabilità da “231” veicolati dalle sentenze di legittimità. Si tratta di pronunce che, insieme con le scelte fatte dal legislatore (da ultimo con la legge anticorruzione, su cui si veda l’articolo a fianco) hanno avuto l’effetto stringere le maglie della “231”, riducendo il numero di soggetti che possono sfuggire.
Posizioni autonome
L’assoluzione di un vertice dell’azienda per un reato da cui scaturisce la responsabilità della società regolata dal decreto 231/2001 non comporta, automaticamente, l’assoluzione dell’ente perché si tratta di posizioni da valutare autonomamente. Inoltre, la prescrizione del reato non comporta anche la prescrizione della sanzione che grava sull’ente. Piuttosto, l’estinzione per prescrizione del reato impedisce solo al Pm di contestare l’illecito amministrativo alla società; se la contestazione è già avvenuta si applicano le ordinarie regole sulla prescrizione del Codice civile.
Lo ha precisato la Cassazione, con la sentenza 20060 depositata il 9 maggio scorso. La pronuncia trae origine dal ricorso di una Procura contro la sentenza di assoluzione di una banca dall’illecito amministrativo previsto dal decreto 231/2001. Secondo il Pm, i giudici avevano fatto discendere la decisione dall’assoluzione di un vertice aziendale. Però il tribunale – come ha osservato il Pm – aveva ritenuto sussistente il reato presupposto.
Il Pm ha così eccepito un’errata applicazione della normativa sulla responsabilità amministrativa delle società, che svincola la sanzione per l’ente dal riconoscimento della colpevolezza dell’imputato del reato presupposto: l’articolo 8 del decreto 231 afferma la responsabilità dell’ente anche quando l’autore del reato non è stato identificato.
La Cassazione ha accolto il ricorso del Pm escludendo, in primo luogo, che la prescrizione del reato-fonte possa incidere sul procedimento contro l’ente.
Infatti, l’articolo 60 del decreto 231/2001 prevede che non si può procedere alla contestazione quando il reato da cui dipende l’illecito dell’ente è estinto per prescrizione.
Ma, nel caso esaminato, la contestazione era già avvenuta e quindi si devono applicare le ordinarie regole sulla prescrizione: la sanzione si prescrive in cinque anni, ma il termine si interrompe con l’inizio del giudizio e non decorre fino a quando la sentenza non è passata in giudicato.
Inoltre, la Cassazione ha evidenziato che non si può escludere automaticamente la responsabilità dell’ente in conseguenza dell’assoluzione del proprio dirigente. Ciò in quanto la responsabilità della società è autonoma rispetto a quella del vertice dell’azienda.
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