Con questa ricerca globale Greenpeace vuole attirare l’attenzione su un problema da tempo presente ma poco conosciuto e mai risolto: la presenza di sostanze invisibili ma altamente persistenti nell’ambiente. I PFC sono utilizzati in molti processi industriali e in beni di consumo: il settore dell’abbigliamento outdoor, in particolare, li usa nelle finiture impermeabilizzanti e antimacchia. Una volta rilasciati nell’ambiente si degradano molto lentamente; a volte per centinaia di anni, disperdendosi su tutto il globo. Alcuni PFC possono causare danni alla riproduzione, favorire lo sviluppo di tumori e colpire il sistema ormonale.
Il settore outdoor usa immagini di splendidi panorami montani, meravigliose foreste, neve appena caduta e fiumi puliti per dare l’immagine di libertà e amore per la natura che i propri consumatori sentiranno indossando i loro prodotti. Grazie allo sfruttamento di questo immaginario i marchi dell’outdoor hanno visto crescere significativamente il loro giro d’affari. È paradossale pensare che aziende che dipendono dalla natura per il loro business rilascino volontariamente nell’ambiente sostanze chimiche pericolose.
La buona notizia per gli amanti dell’outdoor è che le alternative più sicure ai PFC esistono e alcuni marchi vendono già capi d’abbigliamento PFC free, come quelli che abbiamo usato con successo nelle nostre spedizioni. E che si sono comportati in maniera eccelsa anche in condizioni meteo avverse e a oltre 5 mila metri di quota.
Purtroppo però, finora, gran parte dei marchi outdoor non ha ascoltato le richieste di Greenpeace che invita tutti gli amanti della natura ad aderire alla campagna Detox (detox-outdoor.org) per fermare la diffusione di PFC in tutto il Pianeta.