Pubblichiamo l’approfondimento “Invecchiamento dei lavoratori e azioni correlate” di Renata Borgato.
Invecchiamento dei lavoratori e azioni correlate
di Renata Borgato, Esperta di formazione
L’allungamento della vita lavorativa fa sì che per la prima volta convivano nei luoghi di lavoro ben quattro coorti di età, quella, numericamente ormai assai ridotta, degli appartenenti alla categoria dei baby boomer e quelle delle generazioni X, Y e Z. La presenza di soggetti così diversi può costituire uno stimolo a superare la logica degli interventi reattivi di gestione dell’invecchiamento e a individuare strategie manageriali di lungo periodo volte a favorire il benessere a tutte le età e a predisporre i relativi interventi. Di conseguenza non limitarsi ad adempiere all’obbligo cogente di valutare il rischio in relazione all’età può innescare un processo virtuoso di miglioramento delle condizioni complessive di tutta la forza lavoro.
D’altra parte basare i propri interventi tenendo in considerazione solamente l’età anagrafica potrebbe indurre a scegliere misure inefficaci. Neppure la distinzione convenzionalmente stabilita dall’OMS che definisce aging o ageing worker i lavoratori di oltre 45 anni e aged quelli che hanno superato i 55 permette di cogliere le effettive differenze tra specifici soggetti e di individuare i conseguenti bisogni dei lavoratori. Oltre al fattore anagrafico occorre infatti tenere conto dell’effettivo stato della salute fisica e psichica del lavoratore che non è omogenea per coorti di età ed è condizionata dalla storia personale e da una serie di altri fattori. Tutti invecchiano, ma ciascuno invecchia a modo suo, anche in relazione a genere, provenienza, cultura, elemento quest’ultimo considerato direttamente determinante.
Inoltre l’European Agency for Safety and Health at Work (Eu Osha) riporta che il 19% dell’intera forza lavoro attiva soffre di una patologia cronica e il 14% dei lavoratori è affetto da malattie gravi o ha disabilità che limitano le normali attività quotidiane. Dunque, anche se la percentuale di malati o disabili aumenta con l’età, non sono solo i soggetti più attempati che richiedono interventi atti a rendere la loro condizione compatibile con la prosecuzione dell’attività lavorativa. Continuare a lavorare in presenza di una patologia cronica o rientrare dopo una malattia, ovviamente in condizioni adeguate al proprio stato di salute, è auspicabile in quanto produce effetti positivi sulle condizioni fisiche e psichiche degli interessati (Miglioretti, Gragnano, Simbula 2015).
Per favorire la prosecuzione del lavoro in situazioni di difficoltà connesse allo stato di salute, è importante che vengano poste le condizioni per bilanciare efficacemente le esigenze della salute con quelle del lavoro. Per farlo occorre che venga data rilevanza alle iniziative top down di promozione della salute e che vengano coinvolti attivamente i soggetti interessati nella definizione delle strategie aziendali finalizzate a gestire la loro condizione e a promuovere la salvaguardia della loro salute.
Anche qualora non siano presenti soggetti da tutelare per età o patologia, è comunque utile che l’azienda attui interventi per promuovere l’assunzione da parte dei dipendenti di comportamenti finalizzati a mantenere un buono stato fisico e psichico. Investire in salute costituisce una significativa azione di Job retention favorendo le condizioni per un futuro invecchiamento “di successo”.