Incidenti in acqua: sono gravi nel 68% dei casi e la fascia di età più colpita risulta quella tra 45 e 64 anni. L’Istituto Superiore di Sanità ha analizzato oltre 2mila casi, di cui 1209 fatali, che si sono verificati in Italia tra il 2015 e il 2019. L’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione, nato su iniziativa del Ministero della Salute è attualmente al lavoro sulle Linee guida per la prevenzione degli incidenti in acqua.
Tra il 2015 e il 2019 sono stati identificati e analizzati in Italia oltre 2mila casi di incidente in acqua, di cui 1209 fatali. Le vittime sono per lo più uomini, con la fascia di età più colpita che è quella tra 45 e 64 anni. I dati sono stati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità, e sono stati presentati all’EU Safety Conference, che si è svolta a Vienna il 23 e 24 giugno.
L’indagine è stata condotta con una metodologia sviluppata dall’ISS da alcuni anni che utilizza le notizie provenienti dalle principali testate online nazionali e locali e da siti web dedicati, che permette di ottenere dettagli non disponibili dai dati ufficiali, quali il luogo di accadimento e la dinamica dell’incidente. Pur non registrando tutti gli incidenti che avvengono in acqua ogni anno, questi dati forniscono comunque informazioni importanti ai fini di una efficace strategia di prevenzione.
Ecco i principali dati raccolti:
– dal 2015 al 2019 sono stati identificati e analizzati 2.096 casi di incidente in acqua, fatali (annegamento) o non fatali. Il trend è costante, con circa 3-400 incidenti l’anno, ma negli ultimi anni aumentano gli incidenti nelle acque interne (laghi, fiumi), con un rischio maggiore per questo tipo di incidente per gli stranieri residenti nel Paese;
– considerando sia i decessi che gli incidenti non fatali, le tre fasce di età più a rischio risultano essere quella 45-64 anni (18.2% di tutti gli incidenti in acqua), quella 65-79 anni (16.2%) e quella 0-10 anni (13.9%);
– il rapporto M/F è decisamente a sfavore del sesso maschile, attestandosi, nel caso degli annegamenti (fatali), ad un valore di quasi 7:1 e di 1.6:1 nei casi non fatali, rapporto che sale a 2.1:1 in caso di accesso al PS o di ricovero ospedaliero;
– circa il 68% degli incidenti in acqua da sommersione ha un esito mortale o comunque grave, con ricovero in prognosi riservata e/o in terapia intensiva;
– di tutti gli incidenti in acqua non fatali, il 67% non ha necessitato di alcun trattamento ospedaliero, il 7.7% è stato visto in Pronto Soccorso, l’1.8% ha subito un ricovero ordinario e circa il 23% è stato ricoverato in prognosi riservata;
– il 41% degli incidenti fatali avviene in acque interne, il 42% sul litorale, mentre il restante 17% si divide quasi equamente tra mare aperto e piscine. Per quelli non fatali la proporzione è 54% sul litorale, 24% in piscina, 17% nelle acque interne e 5% in mare aperto;
– le regioni che registrano il maggior numero di incidenti in acqua (fatali e non) sono nell’ordine rappresentate dalla Lombardia (13%), dall’Emilia Romagna (9.6%) e dal Veneto (9.3%);
– la maggior parte degli incidenti in acqua avviene a causa di un malore (28,1%), delle condizioni avverse del mare (14,9%) o della caduta in acqua o dagli scogli (14,3).
Da sottolineare che molte volte si è in presenza di una concausa, ossia lo stesso soggetto è annegato per esempio perché non sapeva nuotare e il mare era mosso.
L’Istituto Superiore di Sanità propone un opuscolo informativo “Bambini in piscina in serenità e sicurezza” sulla prevenzione degli annegamenti dei bambini in piscina. In sintesi, è raccomandata la sorveglianza da parte degli adulti quando i bambini sono in acqua o quando ci sono (o potrebbero esserci) specchi d’acqua nelle vicinanze (piscine anche in case vicine, pozzi, canali, fiumi etc); recintare adeguatamente le piscine o altri bacini d’acqua; far frequentare ai bambini corsi di nuoto. Inoltre, è importante sottolineare come gli anziani dovrebbero astenersi dal sostare in spiaggia nelle ore più calde, soprattutto se da soli e in spiagge non controllate, in quanto spesso gli annegamenti per malore riguardano proprio le fasce di età più alte. Altre iniziative di prevenzione ad hoc dovranno essere sicuramente elaborate ed adottate per altri gruppi e fattori di rischio, come ad esempio in relazione alle acque interne (fiumi, laghi, etc), soprattutto per i soggetti residenti in Italia ma stranieri.
Gli annegamenti costituiscono un problema drammatico in tutto il mondo e l’OMS, nel Global Report pubblicato nel 2014, chiede a tutti i Paesi di fare lo sforzo necessario per ridurne l’estensione, definendo delle strategie nazionali ad hoc. A tal fine è nato in Italia, su iniziativa del Ministero della Salute, l’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione, con la collaborazione e la partecipazione dell’Istituto Superiore di Sanità, della Capitaneria di Porto, della Società Nazionale di Salvamento, dell’ISPRA, dell’ANCI Toscana, dell’Università di Firenze, dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e del Gruppo Nazionale per la Ricerca sull’Ambiente Costiero (GNRAC). L’Osservatorio ha lo scopo principale di raccogliere i dati sugli annegamenti in tutto il territorio nazionale e proporre conseguentemente delle strategie di prevenzione efficaci ed evidence based, ed è attualmente al lavoro sulle Linee guida per la prevenzione degli incidenti in acqua.
BAMBINI IN PISCINA IN SERENITÀ E SICUREZZA
Le raccomandazioni di prevenzione sono state elaborate all’interno dell’Osservatorio per una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione, del Ministero della salute.
Fonte: ISS