Cassazione Penale: assenza della griglia di sicurezza nella vasca di raccolta dell’uva e infortunio del lavoratore stagionale

Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2022, n. 33976 – Mancata predisposizione della griglia di sicurezza nella vasca di raccolta dell’uva e infortunio del lavoratore stagionale. Vantaggio, seppur esiguo, dell’ente.

La Corte d’Appello ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale ha dichiarato il presidente del consiglio di amministrazione della Cantina Sociale responsabile dell’illecito amministrativo da reato di cui all’art. 25-septies, comma 3, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, con riferimento al reato di lesioni personali gravi ai danni del lavoratore commesso, Il dipendente stagionale dell’ente nell’esecuzione delle proprie mansioni è scivolato, a causa del pavimento bagnato, inserendo la mano sinistra all’interno della vasca di raccolta dell’uva, in quanto priva della necessaria griglia di protezione, così riportando lesioni gravi all’arto a causa del suo contatto con la coclea (macchina idraulica per sollevamento dei liquidi). L’addebito in capo al presidente del consiglio di amministrazione, quale reato presupposto dell’illecito amministrativo, è stato contestato a titolo di colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché nella violazione dell’art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008 per aver messo a disposizione del lavoratore un meccanismo privo dei requisiti per la sicurezza dei lavoratori, essendo la detta vasca di convogliamento priva di protezione per evitare contatti accidentali con la coclea.
Con riferimento al detto reato presupposto, commesso da soggetto in posizione apicale, dal giudice di primo grado è stata accertata la responsabilità dell’ente ex art. 25-septies, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2001, nonostante l’adozione di un modello organizzativo ma con sistemi di controllo inidonei alla prevenzione dell’infortunio. Ciò in ragione del vantaggio tratto dalla condotta di cui al reato e consistito in un risparmio di spesa, dovuto all’omessa installazione di una griglia metallica fissata all’estremità della vasca e avente la funzione di evitare il contatto con la coclea. È stato in particolare accertato un risparmino rispetto alla maggior somma impiegata per l’adeguamento del complessivo sistema antinfortunistico, ma comunque consistente ai fini della sussistenza del criterio oggettivo d’imputabilità della responsabilità all’ente in quanto apprezzabile perché collegato al mancato rispetto delle regole cautelari, ciò a prescindere da una astratta valutazione aritmetica delle spesa risparmiata rispetto alle capacità patrimoniali dell’ente ovvero alle maggiori somme impiegate per la tutela della sicurezza dei lavoratori.
La Corte territoriale, previa specifica disamina dei singoli motivi d’appello, ha confermato in toto la statuizione di primo grado con particolare riferimento all’evidenziato vantaggio quale criterio d’imputazione della responsabilità da colpa di organizzazione dell’ente.
Sul punto, la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, ha ritenuto tale risparmio di spesa esiguo/limitato ma comunque tale da integrare vantaggio per l’ente. In risposta a specifica deduzione difensiva, è stata altresì ritenuta non indispensabile ai fini della detta responsabilità l’accertamento di una violazione sistematica delle norme antinfortunistiche, cui ricollegare il vantaggio, in quanto non richiesta dall’art. 25-septies d.lgs. n. 231 del 2001.
Sempre in merito al vantaggio per l’ente, la Corte territoriale ha infine ulteriormente argomentato nel senso per il quale l’ente oltre all’oggettivo risparmio di spesa, per il mancato esborso necessario per la messa in sicurezza della vasca, ha comunque tratto un vantaggio maggiore dall’adozione di una politica antinfortunistica carente: riducendo i costi per l’elaborazione di un modello organizzativo adeguato, risparmiando sugli oneri di consulenza, su quelli connessi ai necessari interventi strutturali e su quelli connessi all’attività di formazione, controllo e informazione del personale.
Avverso la sentenza d’appello la Cantina Sociale ha proposto ricorso per cassazione.

Il ricorso è infondato.
I due motivi nei quali esso si articola sono suscettibili di trattazione congiunta e sostanzialmente ineriscono al modo di atteggiarsi del vantaggio di cui all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001, quale criterio oggettivo d’imputazione della responsabilità in capo all’ente, in termini di sua concreta apprezzabilità soprattutto nelle ipotesi non caratterizzate da una violazione sistematica della normativa antinfortunistica.
In linea generale, deve ribadirsi, con riferimento a quella degli enti, che si tratta di un modello di responsabilità che, coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, ha finito con il configurare un tertium genus di responsabilità, compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza.
L’ente non risponde per un fatto altrui bensì per un fatto proprio e colpevole, la cui responsabilità è stata definita come una vera e propria responsabilità da colpa di organizzazione (cfr. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn; Sez. 6, n. 27735 del 18/02/2010, Scarafia, che argomentando nei termini di cui innanzi ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., con riferimento all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001). Essa è caratterizzata da malfunzionamento della struttura organizzativa dell’ente, la quale dovrebbe essere volta – mediante adeguati modelli – a prevenire la commissione di reati.
Le Sezioni Unite hanno infatti al riguardo affermato che, in tema di responsabilità da reato degli enti, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individui i rischi e delinei le misure atte a contrastarli (Sez. U, n. 38343/2014, Espenhahn, cit., si vedano sul punto, ex plurimis, Sez. 6, n. 23401 del 11/11/2021, dep. 2022, Impreglio s.p.a.; Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, Rv. 280777; Sez. 4, n. 29584 del 22/09/2020, F.lli Cambria s.p.a., Rv. 279660; Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv 274320).
Quanto, poi, ai criteri d’imputazione oggettiva della responsabilità dell’ente, l’interesse o il vantaggio di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2001, la giurisprudenza di legittimità ha definitivamente concluso in termini di alternatività e di loro possibile concorrenza.
Il primo (l’interesse) esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo. Il secondo (il vantaggio) ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito.
Peraltro, proprio nel caso di responsabilità degli enti ritenuta in relazione a reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, per non svuotare di contenuto la previsione normativa che ha inserito i detti reati nel novero di quelli che fondano una responsabilità dell’ente (art. 25-septies del d.lgs. 231 del 2001), è stato chiarito, in via interpretativa, che i criteri di imputazione oggettiva di che trattasi vanno riferiti alla condotta del soggetto agente e non all’evento.

Nel caso di specie, secondo la convincente ricostruzione del giudice di merito, si è considerato come la violazione afferisse ad un area di rischio inerente ad un settore di rilievo, derivandone la rilevanza dell’addebito di “organizzazione” e la dimostrazione del collegamento oggettivo della condotta del reo e il vantaggio, pur patrimonialmente esiguo, per l’ente, giustificante l’addebito. La Corte ritiene dunque accertata nella specie la prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle dalla tutela dei lavoratori, quale conseguenza delle cautele omesse.

Fonte: Olympus.uniurb

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