L’inflazione ha eroso i salari in Italia causando una perdita del potere d’acquisto di lavoratori e famiglie. Secondo l’ultimo rapporto mondiale dell’ILO sui salari, la mancanza di misure e politiche di mitigazione potrebbe esacerbare i livelli di povertà e le diseguaglianze già esistenti.
L’aumento dell’inflazione, combinata con il rallentamento della crescita economica sta riducendo drasticamente i salari reali in Italia e in molti paesi dell’Unione europea. Questo è una delle principali conclusioni del Rapporto mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sui salari 2022-2023 che è stato presentato a Roma il 2 dicembre 2022, insieme ad un approfondimento sulla situazione dei salari in Italia.
Per la prima volta in questo secolo, i salari reali sono diminuiti su scala mondiale (-0,9 per cento) nella prima metà del 2022. In Italia, l’impennata inflazionistica ha eroso i salari con una riduzione di quasi 6 punti percentuali nel 2022 che è più che doppia rispetto alla media dei paesi dell’Unione europea. Questo “effetto inflazione” segue un periodo di crescita modesta di 0,1 punti percentuali delle retribuzioni mensili nel periodo 2020-2021 (+1,7 punti per la media dei paesi dell’Unione europea) a causa della pandemia.
Se si considera il periodo 2008-2022, solo in 3 delle economie avanzate del G20 – Italia, Giappone e Regno Unito – i salari reali hanno registrato livelli inferiori nel 2022 rispetto al 2008. L’Italia è il paese che registra la decrescita maggiore, pari a 12 punti percentuali, intaccando in modo sostanziale il potere d’acquisto per le famiglie negli ultimi 15 anni.
Le crisi legate alla pandemia e all’inflazione hanno un impatto maggiore su lavoratori e lavoratrici con basse retribuzioni. La combinazione tra perdita di lavoro e riduzione di ore lavorate durante la pandemia ha causato una crescita di quasi un punto percentuale della proporzione di lavoratori e lavoratrici a bassi salari che in Italia è passata dal 9,6 per cento del 2019 al 10,5 per cento del 2020. Anche i giovani sono nell’occhio del ciclone. Essi sono particolarmente numerosi tra i lavoratori con basse retribuzioni, anche se la crescita maggiore si è registrata tra i lavoratori a bassa retribuzione di età compresa tra i 35 e i 50 anni (+1,2 per cento) e i lavoratori con contratti a termine.
Il rapporto mostra, inoltre, che l’inflazione può avere un impatto maggiore sul costo della vita delle famiglie a basso reddito a causa dell’utilizzo della maggior parte del loro reddito disponibile per la spesa in beni e servizi essenziali. Questi ultimi, in genere, subiscono un incremento di prezzo maggiore. Anche i dati relativi all’Italia evidenziano che i beni e servizi primari sono stati maggiormente intaccati dall’inflazione.
Il divario salariale di genere è rimasto immutato a livello globale durante la pandemia e si attesta intorno al 20 per cento. In Italia questo divario continua ad attestarsi all’11 per cento (se misurato in base ai salari orari) o al 16,2 per cento (se basato sui salari mensili). Questo nasconde tuttavia le maggiori perdite occupazionali delle lavoratrici durante l’emergenza di COVID-19.
Fonte: ILO
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