Approfondimento “L’esodo orizzontale progressivo in fase di emergenza” di Diego Cerrone

Pubblichiamo l’approfondimento tecnico “L’esodo orizzontale progressivo in fase di emergenza” dell’Ing. Diego Cerrone, Funzionario responsabile Ufficio prevenzione e sicurezza tecnica Direzione regionale VV.F. Campania.

 

L’esodo orizzontale progressivo in fase di emergenza
di Diego Cerrone

Vi è stato un tempo, neppure tanto lontano, nel quale per le strutture sanitarie non era stata prodotta alcuna regola tecnica di prevenzione incendi, malgrado buona parte di esse fosse soggetta all’autorizzazione dei vigili del fuoco. A quel tempo i progetti venivano esaminati alla luce dei criteri tecnici generali di prevenzione incendi. Vero è che moltissime strutture sanitarie, soprattutto pubbliche, operavano per evitare l’interruzione del pubblico servizio, in assenza del prescritto certificato di prevenzione incendi. Al massimo esse erano munite di nulla osta provvisorio con cui si garantivano i livelli minimi di sicurezza antincendio.

Fra i problemi di maggiore difficoltà vi era la predisposizione di un piano di emergenza credibile per delle strutture che ospitavano un’utenza perlopiù incapace di autonomia di movimento sia in condizioni ordinarie che, a maggior ragione, in caso di eventuali emergenze. Come si garantiva l’esodo dei pazienti?
Nei calcoli della larghezza delle vie di esodo orizzontali e verticali si teneva conto dell’affollamento di queste strutture come se un infartuato, un allettato, un paziente operato da poco o ingessato potesse tranquillamente, in caso di attivazione dell’allarme, abbandonare il proprio letto e usufruire di una scala per portarsi in un luogo sicuro.

Col decreto 9 aprile 1994, ancora in vigore, regola tecnica di prevenzione incendi applicata negli alberghi e nelle strutture consimili, venne introdotto il concetto di spazio calmo che era così definito:
“luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi…deve essere previsto almeno uno spazio calmo per ogni piano ove hanno accesso persone con capacità motorie ridotte od impedite…gli spazi calmi devono essere dimensionati in base al numero di utilizzatori previsto dalle normative vigenti”.
Evidentemente il progettista avrebbe potuto, anche su prescrizione del comando dei vigili del fuoco competente, prevedere questi spazi calmi che, però, nel caso delle strutture sanitarie, avrebbero dovuto essere notevolmente grandi e accessibili da filtri a prova di fumo (dalla definizione, ormai quasi dimenticata e non riproposta dal nuovo codice di prevenzione incendi, del luogo sicuro statico).

Il D.M. 18 settembre 2002 ha costituito la prima norma tecnica di prevenzione incendi specifica per le strutture sanitarie, adottata secondo le procedure già regolamentate dall’articolo 15 del D.Lgs. 8/3/2006, n. 139. I vigili del fuoco avevano atteso per decenni questo decreto che ebbe il merito di uniformare le modalità di valutazione dei progetti di prevenzione incendi delle strutture sanitarie e di fissare alcuni concetti intuitivi, ma mai definiti, come la suddivisione delle aree in ambiti omogenei, l’obbligo dell’installazione degli impianti di rivelazione fumi anche in presenza di un solo posto letto, l’introduzione dell’esodo orizzontale progressivo.

Fonte: Associazione Ambiente e Lavoro

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