Cassazione Penale, Sez. 4, 20 febbraio 2024, n. 7414 – Mancanza di dispositivi di protezione contro le cadute dall’alto e infortunio mortale. Responsabile il CSE che non sospende i lavori.
Il potere-dovere inibitorio di sospensione dei lavori, attribuito al coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva dall’art. 92, comma 1, lett. f), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è correlato a qualsiasi ipotesi in cui tale garante riscontri direttamente un pericolo grave e imminente, a prescindere dalla verifica di specifiche violazioni della normativa antinfortunistica e del rischio interferenziale, la cui gestione è, invece, correlata agli obblighi di alta vigilanza, previsti dalle lettere a) e d) del medesimo art. 92 (Sez. 4, n. 42845 del 04/10/2023, Tramontin, Rv. 285380 – 01).
L’omessa adozione dell’ordine di sospensione dei lavori costituisce, dunque, una delle possibili omissioni addebitabili al coordinatore per la sicurezza, correttamente individuate qualora sia contestata la violazione dell’art.92 d. Igs. n.81/2008.
Confermata la condanna ai soli effetti civili al coordinatore per l’esecuzione dei lavori, del reato di cui all’art. 589, commi 2 e 3, cod. pen. per aver omesso di verificare l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento cosicché il lavoratore, impegnato a eseguire lavori di ampliamento e di realizzazione della copertura a tetto del fabbricato, privo di strumenti di protezione per la caduta dall’alto (quali linee vita, dispositivo di ancoraggio, connettori, assorbitori di energia, cordini, ecc.), era precipitato dall’altezza di quattro o cinque metri riportando un politrauma che ne aveva causato il decesso.
Fonte: Olympus.uniurb