Cassazione Penale: incidente in fonderia responsabilità del Direttore Ambiente e Sicurezza

Cassazione Penale, Sez. 4, 26 febbraio 2024, n. 8293 – Ustioni in fonderia. Mancanza di una tuta ignifuga e di una coperta antifiamma. Responsabilità del Direttore Ambiente e Sicurezza, datore di lavoro di fatto.

 

La Corte di Appello ha confermato la sentenza con cui il Tribunale aveva condannato l’imputato, in qualità di datore di lavoro di fatto, avendolo riconosciuto colpevole del reato di cui all’art 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. per avere causato delle lesioni personali (ustioni di secondo e terzo grado) al lavoratore dipendente operaio turnista presso il reparto fonderia ferro. Oltre a profili di colpa generica, sub specie di imprudenza, negligenza ed imperizia, veniva contestato all’imputato la violazione di specifiche norme del D.Lgs. 81/2008 (artt. 18, co. 1, lett. d) punto 2 in riferimento all’art. 763 co. 1 lett. d) e art. 43 co. 1 lett. e-bis) e dell’art. 5087 cod. civ.
La dinamica dell’incidente veniva ricostruita sulla base della versione dei fatti resa dalla stessa parte offesa: “Precisamente da poco avevo introdotto l’apposita cannula di ossigeno all’interno della massa fusa per addizionare l’ossigeno ed abbassare il tenore della concentrazione di carbonio e di leghe, che per esperienza, avevo osservato essere troppo alte. Dopo circa 10 minuti notavo delle fiamme che mi uscivano dalla spalla sinistra; prontamente cercavo di spegnerle colpendomi con il guanto indossato sulla mano destra. Non riuscendo a togliermi il grembiule correvo verso i colleghi”. Il giudice di prime cure ha ritenuto quindi che le lesioni patite dalla parte offesa fossero dipese dal mancato uso di un dispositivo di protezione che coprisse tutto il corpo, bensì un semplice grembiule che ne proteggeva solo la parte anteriore.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato.
Il difensore ricorrente evidenzia che l’imputato non è mai stato, né formalmente, né di fatto, il “datore di lavoro” della persona offesa ma unicamente dipendente con il ruolo di Direttore del settore ambiente e sicurezza aziendali, senza alcuna autonomia di spesa illimitata, e perciò senza alcuna efficace delega diretta, od indiretta, di alcun tipo quale datore di lavoro della società.

Il ricorso è rigettato.
Per i giudici la descrizione della dinamica dell’incidente resa dal lavoratore è lineare e coerente con l’attività che stava svolgendo. Dunque, l’incidente si è verificato perché il laccio di cuoio del grembiule ha trattenuto uno schizzo di materiale fuso in aderenza con gli indumenti da lavoro in cotone non ignifugo, logica è la conclusione che nel caso in cui l’operaio avesse indossato un dispositivo che proteggesse tutto il corpo l’incidente non sarebbe avvenuto, inoltre la mancata disponibilità di una coperta antifiamma, che avrebbe dovuto essere presente nel luogo ove è avvenuto l’incidente, ha reso sicuramente più difficoltoso lo spegnimento delle fiamme e aggravato il danno patito dal lavoratore.
Appare inoltre già chiaramente confutata la tesi della mancanza di una posizione di garanzia del ricorrente. Si ribadisce quanto già evidenziato dal giudice di prime cure, ovvero la presenza di una valida delega rilasciata all’imputato rilasciata dal precedente datore di lavoro e confermata, sempre per iscritto, dal Presidente del Consiglio di Amministrazione.
In forza di dette deleghe, l’imputato ricopriva la qualità di Direttore Ambiente e Sicurezza e, secondo la logica e concorde motivazione dei giudici di merito, non vi sono elementi, tenuto conto che continuava a rivestire la medesima posizione nell’organigramma dirigenziale, che egli ricoprisse, quanto meno di fatto, il ruolo di datore di lavoro dell’infortunato e quindi debba ritenersi responsabile di quanto accaduto al lavoratore.
I profili di colpa generica e di colpa specifica, una volta ricostruita la dinamica dell’incidente nel senso esposto e ribadita la posizione di garanzia che ricopriva l’imputato, sono pacifici.

Fonte: Olympus.uniurb

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