Alimenti trattati con radiazioni ionizzanti

Il Documento di seduta A5-0384/2002 datato 8 novembre 2002 del Parlamento europeo

Lo sviluppo commerciale della tecnologia – si legge nella Relazione – del trattamento con radiazioni ionizzanti fu favorito in primo luogo dal programma del Presidente americano Eisenhower ” Atomo a favore della pace “, varato nel 1953. L’ attenzione del pubblico fu diretta verso l’ energia nucleare e altri usi pacifici della tecnologia nucleare. Il riciclo delle scorie e dei sottoprodotti radioattivi provenienti dal programma di energia atomica a fini di irradiamento alimentare veniva considerato utile, sebbene successivi studi sugli effetti sanitari di una dieta a base di alimenti irradiati abbiano sollevato seri dubbi. Nel mondo alcuni paesi hanno bandito, mentre altri l’ hanno consentita, innalzando barriere al commercio degli alimenti trattati.Recenti casi di grave avvelenamento da alimenti registrati negli USA hanno alimentato il dibattito sull’ irradiamento. Si riconosce che l’ intensificazione della produzione alimentare e il consolidamento delle industrie alimentari consentono agli agenti patogeni veicolati dagli alimenti di infettare un gran numero di consumatori in vaste zone. I fautori dell’ irradiamento sostengono che ciò lo rende indispensabile come misura di sicurezza finale. L’ irradiamento a fini di sicurezza potrebbe però trasformarsi in un ” surrogato” tecnico delle poche e scadenti norme in materia d’ igiene applicate nell’ ambito di una produzione alimentare di massa soggetta a crescente industrializzazione.Lo sviluppo di metodi di sperimentazione convalidati per l’ individuazione di alimenti irradiati ha agevolato la possibilità di mettere in evidenza l’ uso illecito di irradiamenti. Nel giugno 2002, un’ indagine del governo britannico ha rivelato che il 42% degli integratori dietetici sottoposti a test ( 58 su 138) era stato sottoposto a irradiamento o conteneva un ingrediente irradiato, nessuno dei quali è ammesso alla vendita nel Regno Unito. Fra l’ altro nessuno di questi alimenti sottoposti a trattamento era stato etichettato. E’ accertato che l’ uso di materiale radioattivo per l’ irradiamento degli alimenti comporta gravi rischi. I lavoratori possono essere soggetti ad esposizioni fortuite, mentre le perdite e le fughe radioattive dagli impianti, nonché durante il trasporto del materiale radioattivo, mettono a repentaglio le popolazioni umane attraverso la contaminazione delle acque sotterranee e della catena alimentare. Molti di questi incidenti – si legge nella Relazione -, alcuni dei quali hanno mietuto vittime fra i lavoratori, si sono registrati negli USA, nelle Hawaii, in Italia, in Norvegia, in Messico, in Brasile, nel Salvador e in Australia. Insomma, sono molte le preoccupazioni sugli effetti sanitari connessi all’ irradiamento, gettando dubbi sulle garanzie che una dieta a base di alimenti irradiati sia totalmente sicura. Poiché tra i vari “considerando” della Relazione vi è in primo luogo quello dell’ art.174, paragrafo 1 del Trattato CE con il quale si sottolinea che ” la politica della Comunità contribuisce a perseguire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ ambiente, nonché la protezione della salute umana, e che tale politica deve fondarsi sul principio precauzionale “, si insiste affinchè siano effettuate ricerche sugli effetti sanitari a lungo termine di un’ alimentazione largamente composta da alimenti irradiati e nessun altro elemento sia aggiunto all’ elenco esistente se emerge una qualsiasi prova di rischio a lungo termine per la salute. Dunque, prima che sia presentata qualsiasi proposta di aggiungere altri alimenti all’ elenco positivo ( conformemente alla direttiva 1992/2/CEE, sia effettuata un’ analisi dettagliata su ciascun alimento, recante prove a dimostrazione che ciascuna delle condizioni per l’ autorizzazione dell’ irradiamento degli alimenti di cui all’ Allegato 1 della citata direttiva sia stata chiaramente soddisfatta.

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