Appalto di lavori e ruolo del committente: sentenza Cassazione Penale

La Suprema Corte, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 28197 del 9 luglio 2009 si è pronunciata sulle responsabilità per omicidio colposo del Presidente di una cooperativa per il decesso di un socio-lavoratore cui era stato affidato lo svolgimento dei lavori di manutenzione e pulizia di un capannone di una società. Nel far questo la Corte fa il punto anche sul ruolo del committente nell’affidamento di lavori in appalto.

Con sentenza di primo grado, poi confermata in appello, il Tribunale “affermava la responsabilità di C. C. in ordine al delitto di omicidio colposo in danno di L.E., socio – lavoratore della cooperativa S., di cui il C. era Presidente, ritenendo che quest’ultimo – assegnatario dell’appalto dei lavori di manutenzione e pulizia dei capannoni della società “V.P.” stipulato con il suo amministratore B.G. – avesse omesso di fornire le informazioni necessarie circa i rischi specifici del lavoro e di esigere che il lavoratore osservasse le norme di sicurezza, in tal modo provocando la morte di detto socio – dipendente.
Con la medesima sentenza, il primo giudice assolveva il committente dei lavori dati in appalto, B.G., ritenendo che costui avesse adempiuto al dovere di informativa sui rischi specifici nell’ambiente di lavoro.
Nel rigettare il ricorso dell’imputato e quello della parte civile (rispetto all’assoluzione del committente), con particolare riferimento a questo secondo ricorso la Cassazione osserva: “gli aspetti più innovativi della norma [art. 7 D.Lgs. 626/94, ora art. 26 D.Lgs. 81/08] sono quelli contenuti nel comma 2, dove si prevede che i datori di lavoro (cioè sia i committenti, sia gli appaltatori) cooperino all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e coordinino gli interventi prevenzionali, “informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessivà”.
Mentre coordinare significa “collegare razionalmente le varie fasi dell’attività in corso, in modo da evitare disaccordi, sovrapposizioni, intralci che possono accrescere notevolmente i pericoli per tutti coloro che operano nel medesimo ambiente; cooperare è qualcosa di più, perchè vuoi dire contribuire attivamente, dall’una e dall’altra parte, a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie”.
Questa cooperazione, però, non può intendersi come obbligo del committente di intervenire in supplenza dell’appaltatore tutte le volte in cui costui ometta, per qualsiasi ragione, di adottare le misure di prevenzione prescritte a tutela soltanto dei suoi lavoratori, poichè la cooperazione, se così si intendesse, si risolverebbe in un’inammissibile ingerenza del committente nell’attività propria dell’appaltatore al punto di stravolgere completamente la figura dell’appalto.
Il rapporto tra committente e appaltatore va regolato, allora, tenendo conto di quanto precisa il D.Lgs. n. 626 del 1994, art.7, comma 2, lett. a) , laddove dice che “i datori di lavoro cooperano all’attuazione delle misura di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto”, formula che va intesa nel senso che l’obbligo della cooperazione tra committente ed appaltatore è limitato all’attuazione delle misure prevenzionali rivolte ad eliminare i pericoli che, per effetto dell’esecuzione delle opere appaltate, vanno ad incidere sia sui dipendenti dell’appaltante sia su quelli dell’appaltatore.
Ne consegue che, qualora per la natura e le caratteristiche dell’attività commissionata, questa si possa svolgere in una zona o in un settore separato, senza che i rischi si estendano fino a coinvolgere i dipendenti del committente, quest’ultimo non ha alcun motivo di intervenire sull’appaltatore per esigere da lui il rispetto della normativa di sicurezza, surrogandosi allo stesso, qualora non vi provveda, o revocando l’incarico e interrompendo il rapporto.
La cooperazione, in altri termini, deve ritenersi doverosa per eliminare o ridurre la fascia, spesso molto ampia, dei rischi comuni ai lavoratori delle due parti, mentre, per il resto, ciascun datore di lavoro deve provvedere autonomamente alla tutela dei propri prestatori d’opera subordinati, assumendosene la relativa responsabilità.”

AG

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