Approfondimento “Le distanze di sicurezza esterne dagli impianti di carburante gassosi. Errori” di Diego Cerrone

Pubblichiamo l’approfondimento tecnico “Le distanze di sicurezza esterne dagli impianti di carburante gassosi. Errori” dell’Ing. Diego Cerrone, Funzionario responsabile Ufficio prevenzione e sicurezza tecnica Direzione regionale VV.F. Campania.

 

Le distanze di sicurezza esterne dagli impianti di carburante gassosi. Errori
di Diego Cerrone

La normativa specifica di prevenzione incendi relativa alla installazione di impianti di distribuzione carburanti a gas metano o GPL è rappresentata dal D.M. 24 maggio 2002, subito modificato per qualche errore materiale dal D.M. 28.06.2002, e il DPR 24 ottobre 2003 n. 340.

A distanza di venti anni circa dalla loro entrata in vigore, non sono rari i casi in cui il progettista o il committente sottovalutano alcuni aspetti della normativa stessa. Una valvola può essere cambiata, pure un serbatoio e finanche un compressore, ma come si può spostare l’intero impianto se le distanze di sicurezza non sono rispettate? E, in particolare, ci riferiamo a quelle distanze definite come esterne all’impianto, quelle che coinvolgono i diritti di terzi e da cui possono scaturire, più di quanto si pensi, ricorsi alla magistratura. Piccoli errori in pianta possono portare a conseguenti e onerosi esborsi monetari per danni.

Analizziamo gli impianti di distribuzione carburanti a metano e rammentiamo, quale primo aspetto del problema, che essi non possono essere realizzati:
a) nella zona territoriale omogenea totalmente edificata, individuata come zona A nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione, ai sensi dell’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 e, nei comuni sprovvisti dei predetti strumenti urbanistici, all’interno del perimetro del centro abitato, delimitato a norma dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quando, nell’uno e nell’altro caso, la densità media dell’edificazione esistente nel raggio di 200 m dal perimetro degli elementi pericolosi dell’impianto risulti superiore a tre metri cubi per metro quadrato;
b) nelle zone di completamento e di espansione dell’aggregato urbano indicato nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione, nelle quali sia previsto un indice di edificabilità superiore a 3 metri cubi per metro quadrato;
c) nelle aree, ovunque ubicate, destinate a verde pubblico.

Fonte: Associazione Ambiente e Lavoro

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