Audizione CENSIS alla Camera sui giovani e il mercato del lavoro.

“In Italia la laurea non paga.I nostri laureati lavorano di meno di chi ha un diploma, meno dei laureati degli altri Paesi europei, e con il passare del tempo questa situazione è pure peggiorata”.
Questo è quanto ha detto il direttore generale del CENSIS Giuseppe Roma nel corso dell’audizione tenuta il 17 maggio 2011 presso la Commissione lavoro della Camera dei Deputati.

In Italia lavora il 66,9% dei laureati di 25-34 anni, contro una media europea dell’84%, l’87,1% registrato in Francia, l’88% della Germania, l’88,5% del Regno Unito. Al contrario di quello che ac cade negli altri paesi europei, il tasso di occupazione tra i laureati italiani di 25-34 è più basso di quello dei diplomati della stessa fascia dik età(69,5%).Non solo, il tasso di occupazione dei laureati si è ulteriormente ridotto nel tempo, scendendo dal 71,3% del 2007 al 66,9% del 2010.

I giovani italiani non hanno ancora conseguito adeguati livelli d’istruzione. Tra i middle young (25-34 anni), quando normalmente il ciclo educativo dovrebbe essere compiuto, il 29% ha concluso solo la scuola secondaria inferiore, contro il 16% di Francia e Regno Unito e il 14% della Germania. I laureati registrano i valori più bassi rispetto agli altri grandi Paesi europei: il 20,7% a fronte di una media europea del 33%, del 40,7% del Regno U nito e del 42,9% della Francia, Benché siano di meno, hanno però meno occasioni di lavoro rispetto ai laureati europei.

Dati i tempi prolungati dei diversi cicli formativi, l’ingresso nella vita lavorativa per i giovani italiani è ritardato rispetto agli altri Paesi europei. Fra i più giovani (young young: 15-24 anni) il 59,5% risulta ancora in formazione, rispetto al 53,5% della media dell’UE, il 45,1T% della Germania e il 39,1% del Regno Unito. Gli occupati sono il 20,5% rispetto al 34,1% della media europea, il 46,2% della Germania e il 47,6% del Regno Unito. La vera anomalia italiana – afferma il Censis – è rappresentata dai giovani che non mostrano interesse né allo studio, né nel lavoro: in Italia sono il 12,1% rispetto al 34,4% della media europea.

Per i middle young (25.34 anni) c’è una inversione fra chi studia (dal 60% si scende al 7%) e chi lavora (dal 21 si sale al 65%), e crescono le persone alla ricerca di un lavoro o esclusi da qualsiasi attività (dal 20% al 28%). E’bassa la percentuale al lavoro nell’età dell’apprendistato e del diploma. Nei successivi dieci anni, la quota di chi non ha avuto accesso alla vita attiva, alla piena autonomia e responsabilità raggiunge il 35% tra i 25-34enni, e la percentuale sale al e45% tra le donne e al 53% nel Mezzogiorno.

E non bisogna ne anche agitare lo spauracchio del lavoro precario. IK giovani occupati a tempo determinato in Italia sono il 40,1T% nella classe di età 15-24 anni e l’11,5% tra i 25-39enni, meno che negli altri grandi Paesi europei. In Germania le percentuali salgono rispettivamente l 56% e 13,5%, al 54,3T% e 25,6% in Spagna, al 53,9% e 13,2% in Francia.

Da questo scenario, il direttore generale del Censis,Giuseppe Roma, ha avanzato alcune proposte per migliorare l’occupabilità delle nuove generazioni. Le proposte sono tre: “Anticipare i tempi della formazione e metterla in fase con le opportunità di lavoro: la laurea breve dovrà sempre più costituire un obiettivo conclusivo nel ciclo di apprendimento”, ha detto Roma. “Non solo lavoro dipendente, ma soprattutto iniziativa imprenditoriale, professionale e autonoma: bisogna detassare completamente per u triennio le imprese costituite da almeno un anno da parte di giovani con meno di 29 anni” e, infine accompagnare il ricambio generazionale in azienda. “Si potrebbe introdurre un meccanismo per il quale l’azienda che assume due giovani con alti livelli di professionalità potrà essere aiutata a collocare un lavoratore a tempo indeterminato non più giovane, dopo opportuni corsi di formazione, in altre unità produttive, rimanendo il costo della formazione in capo ai soggetti pubblici”.

(LG-FF)

Fonte: CENSIS

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