Cassazione, Autovelox nascosti ?: perseguibili come truffa !

Cassazione sentenza 22158 del 23 maggio 2013

La Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza 22158 del 23 maggio 2013, ha previsto che può essere perseguita per truffa la società che fornisce e ed esegue il posizionamento dell’autovelox in autovetture in modo tale da essere occultati agli ignari automobilisti.

Inoltre ha ritenuto legittimo il sequestro della strumentazione, nonostante la “regolarità” della stessa.

La Suprema Corte ha in particolare sottolineato che “un bene avente natura lecita (in quanto regolarmente tarato e conforme ai paradigmi normativi) non può seguire la sorte processuale dei presunti autori che di quel bene hanno fatto un uso illecito.

Nel caso di specie, è stato ritenuto legittimo il sequestro della strumentazione, nonostante la «regolarità» della stessa.
Infatti, è stato respinto il ricorso del legale rappresentante contro la decisione del Tribunale del riesame di Cosenza che rigettava l’istanza di dissequestro e la richiesta di restituzione di sei apparecchi di rilevamento di velocità su strada, sottoposti a sequestro preventivo a seguito di un decreto del Gip del locale tribunale.

La Cassazione ha ritenuto il ricorrente sanzionabile per il reato di truffa consistente nella rilevazione della velocità attraverso gli strumenti che, nonostante fossero “regolari”, erano posizionati in modo tale da essere occultati agli ignari automobilisti (in autovetture e pc, all’interno di esse): ne consegue che tali “res” non rivestono funzione strumentale alla commissione del reato, poiché non funzionali e non relazionabili indissolubilmente allo stesso (come ritenuto per le autovetture all’interno delle quali erano posizionati e i computer all’interno delle stesse custoditi), né la libera disponibilità degli stessi può aggravare gli effetti dei reati in parola.

Secondo la Suprema Corte, in tal senso, «un bene avente natura lecita (in quanto regolarmente tarato e conforme ai paradigmi normativi) non può seguire la sorte processuale dei presunti autori che di quel bene hanno fatto un uso illecito.

Sussiste, innanzitutto, un rapporto di strumentalità tra i beni sequestrati e il reato di truffa per cui si procede, considerato che gli autovelox costituiscono lo strumento delle attività illecite accertate ed enunciate nella prospettazione accusatoria (truffa consistente nella rilevazione di velocità attraverso autovelox posizionati in modo da essere occultati agli ignari automobilisti), a nulla valendo che la “res” impiegata per commettere la truffa abbia natura lecita, allorché assolva, nell’ordito truffaldino, una valenza causale ai fini della realizzazione del reato.

Di conseguenza, gli autovelox si prestano, proprio in ragione di tale nesso di interdipendenza con il reato, a essere assoggettati a vincolo reale sia quale corpo dei reato (“le cose mediante le quali il reato è stato commesso”) sia quale cosa pertinente al reato la cui libera disponibilità può agevolare la commissione di altri reati della stessa specie di quello per cui si procede».

Alla luce di questa cristallina decisione che riflette in maniera evidente il sentire comune, rileva Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è ora di dire basta con autovetture civetta e macchinette occultate per “far cassa” che poco hanno a che fare con la sicurezza stradale

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