Cassazione: Comportamento abnorme del lavoratore: due recenti sentenze di Cassazione Penale e Civile a confronto

Sentenza del 29 maggio 2014, n. 12046 della Cassazione Civile – Sentenza del 29 maggio 2014 e n. 22247 della Cassazione Penale

Entrambe le sentenze, nn. 22247 e 12046 del 29 maggio 2014, affrontando l’esame di vicende in cui si ravvisa la presenza di un comportamento imprudente del lavoratore, hanno innanzitutto confermato il pacifico e consolidato orientamento della giurisprudenza della Cassazione, in base al quale :” in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di responsabilità del datore di lavoro la condotta del lavoratore non è idonea ad esimere da responsabilità il datore di lavoro quando sia caratterizzata da imprudenza, imperizia o negligenza, ma soltanto quando sia addirittura abnorme, divenendo unico elemento causale del fatto, e che ciò si verifica quando essa assume le connotazioni dell’inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo”.
In sostanza, l’abnormità della condotta del lavoratore deve concretarsi, affinchè si possa escludere totalmente la responsabilità del datore, in un comportamento imprevedibile, ovvero impossibile da evitare anche in presenza di tutte le cautele previste dalla norma a carico del datore.
Nello specifico entrambe le sentenze, pur partendo dal medesimo assunto e, pertanto, condividendo il medesimo processo logico-giuridico, conducono a decisioni opposte.
Invero, mentre nella vicenda sottoposta all’esame della Cassazione Penale (sent. n. 22247) è stato accertato che il comportamento imprudente del lavoratore, poi deceduto, poteva essere scongiurato da un’idonea attività di vigilanza che avrebbe potuto impedire sul nascere la perpetrazione della condotta errata (il lavoratore aveva rimosso i tubi di protezione da un parapetto di un castello da tiro), nella fattispecie sottoposta al vaglio della Cassazione civile (sent. n. 12046), la condotta del dipendente è risultata del tutto fuori dagli schemi e, pertanto, unica causa efficiente del danno che lo stesso si è provocato.
Nello specifico il lavoratore aveva posto in essere comportamenti assolutamente noncuranti sia delle regole di comune prudenza che delle direttive impartite dalla società, che delle sue responsabilità di caposquadra. Questa totale disapplicazione delle regole si è verificata fin dal carico dei materiali presso la sede dell’impresa, allorché il lavoratore, contrariamente alle direttive ricevute, presumibilmente per completare prima il lavoro, prelevava due pali da trasportare e scaricare e non uno, e si dotava di piastre d’appoggio di dimensioni inadeguate rispetto al carico che avrebbero dovuto sostenere e alla natura cedevole del terreno sul quale effettuare lo scarico, ometteva di assicurare i pali durante il percorso, ed eseguiva la manovra di scarico in totale spregio non delle sole regole di prudenza ma della stessa razionalità esponendosi gratuitamente ad un inutile rischio e non tenendo ostentatamente e quasi provocatoriamente conto dei richiami alla prudenza ed alle regole che venivano dai suoi stessi sottoposti, ovvero dagli operai che in quel momento coordinava.
Dalla sentenza emerge l’implicita considerazione di questo comportamento non come semplice, ripetuta imprudenza, ma come una gratuita e ingiustificata assunzione di un rischio inutile, tale da integrare gli estremi del comportamento abnorme, imprevedibile ed esorbitante rispetto alle direttive ricevute, unica ipotesi atta a recidere il nesso causale e ad escludere la responsabilità dell’imprenditore. Emerge infatti un comportamento imprudente del lavoratore e, peraltro, posto in essere dal caposquadra ovvero dal soggetto che avrebbe dovuto vegliare oltre che sulla propria anche sull’altrui sicurezza e incolumità, tale da sfuggire alla sfera di controllo, e quindi ai margini di responsabilità dell’impresa, e tale da porsi come unica causa efficiente del verificarsi del danno.
Per tali ragioni, la Cassazione Civile ha ritenuto il datore di lavoro non responsabile dell’evento morte del dipendente e rigettato il ricorso proposto dagli eredi per ottenere il risarcimento del danno.

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