Cassazione Penale: candidata in cerca di un lavoro e tentata violenza sessuale

Cassazione Penale, Sez. 3, 27 marzo 2023, n. 12546 – Tenta di baciare la candidata in cerca di un lavoro: tentata violenza sessuale.

 

Con la sentenza in parziale riforma della decisione pronunciata dal Tribunale, la Corte di appello rideterminava i giorni di reclusione della pena dell’imputato per i reati ex artt. 81,56,609-bis c.p. (capo A) e artt. 81,640 c.p. (capo B), confermando la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione.

Il ricorso è inammissibile.
Come costantemente predicato da questa Corte di legittimità, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, anche in relazione all’età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 4, n. 16122 del 12/10/2016 – dep. 30/03/2017, L., Rv. 269600; Sez. 3, n. 6784 del 18/11/2015 – dep. 22/02/2016, D., Rv. 266272; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015 – dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821).
Con riguardo, poi, all’ipotesi del tentativo, si è chiarito che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, non si deve tenere conto dell’azione effettivamente compiuta dall’agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà (Sez. 4, n. 18793 del 06/04/2017, dep. 18/04/2017, P., Rv. 270169; Sez. 3, n. 44416 del 09/11/2011, dep. 30/11/2011, C., Rv. 251216), non potendo tuttavia prescindersi, nell’ambito di una valutazione globale del fatto, dalla considerazione delle modalità attuative del reato, degli atti compiuti, del grado di invasività della condotta realizzata nonché del danno psichico direttamente cagionato e non di quello che ipoteticamente sarebbe derivato dal compimento degli atti sessuali (Sez. 3, n. 47700 del 11/04/2018, dep. 19/10/2018, G., Rv. 274968).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi dinanzi indicati, individuando, quali elementi ostativi al riconoscimento della “minore gravità”, sia la reiterazione degli atti, sia, in particolare, la situazione di debolezza in cui versava la vittima, la quale era alla ricerca “disperata” di un lavoro, situazione artatamente sfruttata dall’imputato, il che è evidentemente sintomatico di un non trascurabile grado di coercizione sulla persona offesa.

Fonte: Olympus.uniurb

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