Cassazione Penale, Sez. 4, 08 gennaio 2025, n. 549 – Taglio delle dita con la macchina troncatasselli priva di protezione.
La Corte di appello in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale ha riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche, e quella di cui all’articolo 62 n.6 cod. pen., rideterminando la pena ma confermando l’accertamento di responsabilità per il reato di cui agli articoli 590, commi 2 e 3, e 583 comma 1, n.2, cod. pen., in relazione agli articoli 70 comma 2 e 71 comma l, D.Lgs. 81-2008 (con riferimento all’allegato V, punti 6.1 e 6.3).
Il lavoratore, dipendente della società rappresentata dall’imputato, dopo aver rimosso il carter di protezione della lama, in cui si era incastrato un residuo di legno, aveva tentato di sbloccare la macchina troncatasselli mediante rimozione dell’ostacolo, ma nello svolgimento di questa operazione, a causa della ripresa della corsa della lama, aveva subito il taglio di alcune dita della mano sinistra, con indebolimento permanente della funzione prensile.
L’imputato propone ricorso per cassazione.
Il ricorso è rigettato in quanto infondato.
L’impugnata sentenza ha esaustivamente illustrato i profili di colpa specifica, ascritta all’imputato. Premesso che i macchinari e gli impianti in genere devono essere conformi, non solo alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari, ma anche ai requisiti generali di sicurezza di cui all’Allegato 5 TUSL e alle più avanzate conoscenze tecniche e scientifiche nello specifico campo, la Corte territoriale ha spiegato perché la macchina troncatasselli che provocò il sinistro fosse inidonea sotto il profilo delle cautele antinfortunistiche, in quanto priva di un dispositivo di blocco automatico che avrebbe dovuto attivarsi in ipotesi di sollevamento del carter posto a protezione della lama.
Anche in relazione alla causalità della colpa, la decisione sfugge alle censure sollevate. Al riguardo, si rammenta che la regola fissata dall’art. 43 cod. pen., secondo la quale per aversi colpa l’evento deve essere stato causato da una condotta soggettivamente riprovevole, implica che l’indicato nesso eziologico non si configura quando una condotta diligente (il cosiddetto comportamento alternativo lecito) non avrebbe comunque evitato l’evento. Si ritiene, infatti, che non sarebbe razionale pretendere, fondando poi su di esso un giudizio di rimproverabilità, un comportamento che sarebbe comunque inidoneo ad evitare il risultato antigiuridico. Specularmente, la colpa si configura – come autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite – quando la cautela richiesta avrebbe avuto significative probabilità di successo; quando, cioè, l’evento avrebbe potuto essere ragionevolmente evitato, configurandosi la cosiddetta “causalità della colpa” (Sez. U, n. 38343 del 24.04.2014, Espenhahn, in motivazione).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte di appello ha fatto buon governo di tali principi, affrontando in modo specifico la questione e chiarendo che, per come riferito dal tecnico della Asl, la macchina utilizzata dal lavoratore era obsoleta e non conforme alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, per cui il datore di lavoro avrebbe dovuto adeguare il macchinario al fine di eliminare in pericolo, fino a giungere ove necessario alla sua sostituzione.
È stato correttamente affermato dai giudici di merito che il rischio non era stato adeguatamente fronteggiato, nonostante la possibilità di applicare un sistema di blocco automatico della lama, in caso di rimozione del carter di protezione; ed in effetti, fu proprio l’assenza del sistema di blocco che – secondo la corretta valutazione dei giudici di merito non ha impedito alla lama di riprendere la sua corsa, tranciando le dita della mano al dipendente infortunato, il quale dopo aver rimosso il carter, si era avvicinato con la mano alla lama per togliere il residuo di legno incastrato.
La sentenza impugnata correttamente ha escluso anche che la persona offesa stesse operando in un contesto estraneo ai suoi compiti. Risulta in atti infatti che il lavoratore era addetto all’utilizzo della macchina ove avvenne l’infortunio; e a poco rileva che egli non svolgesse mansioni di manutentore, essendo stato evidenziato in sentenza, che il medesimo, anche in altre occasioni, aveva provveduto personalmente a rimuovere sfridi dal macchinario, e che pertanto il rischio che uno sfrido inceppasse la macchina non poteva considerarsi eccezionale.
Logicamente i giudici di merito hanno escluso che la condotta tenuta dal lavoratore, benché negligente, in quanto costui aveva omesso di spegnere la macchina troncatasselli prima di operare sulla stessa come previsto dalla procedura di utilizzo, costituisse un uso del tutto imprevedibile della macchina, tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
Nella decisione impugnata, è stato inoltre osservato che la condotta dell’infortunato non può ritenersi abnorme per non avere il medesimo chiamato il manutentore, in quanto tale tipo di operazione era normalmente svolta dai lavoratori stessi, sicché quantomeno corrispondeva ad una prassi tollerata, essendo perciò evidente che si trattava di rischio conoscibile e governabile da parte del datore di lavoro, e che quindi era suo dovere prevenire ed evitare il concretizzarsi.
Il motivo di ricorso, pertanto, in quanto diretto a contestare le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito, con argomentazione non illogica, è da ritenersi infondato.
Fonte: Olympus.uniurb