Cassazione Penale: infortunio con trauma oculare e dispositivi di protezione individuale inadeguati

Cassazione Penale, Sez. 4, 10 febbraio 2025, n. 5188 – Trauma oculare perforante: mancanza dei sovraocchiali protettivi.

 

La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vicenza che aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di cui agli artt. 40 cpv e 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. a lui contestato, ha disposto la conversione della pena detentiva irrogata all’imputato nella pena pecuniaria di specie corrispondente.  All’imputato, quale legale rappresentante della società nonché datore di lavoro del lavoratore infortunato, è contestato di avere cagionato al medesimo lesioni consistenti in un trauma oculare perforante con prognosi di 79 giorni, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia nonché nella violazione delle norme di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, segnatamente omettendo di fornire allo stesso i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, in violazione dell’art. 18 D.Lgs. cit. ed omettendo di richiedere ai lavoratori l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di uso dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione.
In particolare il lavoratore era intento all’operazione di “smaterozzatura” ovvero di rimozione di alcune “bave” di metallo da un pezzo appena forgiato e per fare ciò aveva utilizzato un attrezzo sbagliato ovvero un martello con manico in teflon anziché il più resistente martello con il manico in ferro e mentre era intento in tale operazione, il manico del martello si era improvvisamente spezzato e la mazza battente dello strumento lo aveva colpito all’occhio destro.
I tecnici della prevenzione ASL, intervenuti per le verifiche di rito, non avevano rilevato alcuna carenza né in relazione alla formazione ed informazione del lavoratore né in merito all’attrezzatura di lavoro utilizzata dallo stesso: conformemente alle previsioni del D.U.V.R. aziendale, il lavoratore era stato dotato dei guanti e degli occhiali protettivi indicati come dispositivi di protezione individuale per la prevenzione del rischio tipico della lavorazione eseguita. Ciò che invece avevano contestato è il fatto che il lavoratore avrebbe dovuto utilizzare gli occhiali protettivi per compiere l’operazione che non portava in quanto indossava occhiali da vista che non consentivano l’utilizzo del dispositivo di protezione. Sarebbe stato necessario utilizzare dei sovra occhiali non disponibili in azienda neanche al momento del sopralluogo condotto dallo Spisal e che venivano acquistati solo all’esito dei controlli e delle contestazioni.
Il Tribunale rilevava quindi che l’imputato, quale datore di lavoro, non aveva dotato i lavoratori ipovedenti dei necessari sovra-occhiali di protezione e non aveva effettuato un efficace controllo sull’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Risultava che la società aveva introdotto un sistema di sostituzione dei dispositivi di protezione attivabile dal lavoratore stesso mediante compilazione e consegna di un apposito modulo collocato in una bacheca accessibile a tutti i dipendenti ma il Tribunale non riteneva tale previsione idonea ad esonerare l’imputato dall’obbligo di cui all’art. 18 comma 1, lett. d) D.Lgs. n. 81 del 2008 non potendo essere imposto al lavoratore l’onere di indicare i dispositivi di protezione per la sua sicurezza, rilevando peraltro che, anche se avesse segnalato detta circostanza, in ogni caso il dispositivo de quo non era disponibile.
Provato l’evento in ragione della documentazione medica e delle testimonianze assunte, il Tribunale riteneva provato anche il nesso causale tra l’urto della testa del martello contro l’occhio del lavoratore e le lesioni occorse al medesimo argomentando che l’evento avrebbe potuto essere scongiurato o quanto meno limitato nelle sue conseguenze pregiudizievoli mediante il rispetto delle regole cautelari violate. Negava inoltre l’abnormità del comportamento del lavoratore e riteneva anche provato l’elemento soggettivo, stante la concreta prevedibilità dell’evento verificatosi. Nello specifico la circostanza che il lavoratore indossasse occhiali da vista era nota in azienda ed il datore di lavoro non poteva confidare sulla mancanza di segnalazioni di situazioni di inadeguatezza dei mezzi utilizzati da parte dei lavoratori.
Secondo il Giudice di primo grado, l’evento avrebbe potuto essere evitato con le cautele imposte dalla legge, quali l’introduzione di una procedura di controllo con individuazione di un responsabile deputato alla vigilanza ed alla segnalazione di inefficienze relative ai DPI, condotte ritenute esigibili dall’imputato.
L’impianto logico motivatorio della sentenza di primo grado trovava sostanziale conferma in quella di appello.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

Il motivi di ricorso sono infondati e il ricorso va rigettato.
Il datore di lavoro non ha solo l’obbligo di garantire la tutela dei lavoratori secondo le norme di prevenzione per i rischi sul lavoro ma nel momento in cui i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti dalle misure tecniche ed organizzative di prevenzione, è obbligato ad individuare quali siano i dispositivi di protezione individuale concretamente idonei a proteggere il lavoratore. Quindi, il datore di lavoro è il diretto responsabile della identificazione, della scelta, dell’utilizzo e della gestione dei dispositivi stessi. In particolare, gli obblighi del datore di lavoro in ambito di DPI consistono nel l’effettuare l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati utilizzando altri mezzi e quindi individuare i DPI idonei a proteggere i lavoratori dai rischi rilevati; nell’adeguare i dispositivi ogni qualvolta intervenga una variazione significativa da modificare le condizioni di rischio; nel valutare, sulla base delle informazioni fornite e delle norme d’uso dal fabbricante, le caratteristiche dei DPI affinché siano atte a prevenire i rischi, nonché valutare le condizioni in cui un DPI deve essere utilizzato. Inoltre il datore di lavoro dovrà, altresì, mantenere in efficienza i DPI, attraverso una accurata manutenzione, che comporti anche riparazioni e sostituzioni necessarie.
L’art. 18, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 81 del 2008, che impone di fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, costituisce un precetto al quale il datore di lavoro è tenuto a conformarsi (Sez. 3, n. 13096 del 17/01/2017, Molino, Rv. 269332; Sez. 3, n. 25739 del 15/03/2012, Trentini, Rv. 252977); anche a prescindere dal fatto che il loro utilizzo sia specificamente contemplato nel documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 28 dello stesso decreto. (Sez. 3, n. 13096 del 17/01/2017, Rv. 269332)
Così delineati gli obblighi incombenti sul datore di lavoro in tema di sicurezza dei dipendenti, la Corte distrettuale, facendo corretta applicazione dei suindicati principi, dopo aver sottolineato che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare idonee misure di sicurezza anche in relazione ai rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi, ha posto l’accento sull’oggettiva mancata fornitura dì DPI idonei alla protezione dei lavoratori ipovedenti, ritenendo che tale omissione non possa essere superata dalla mancata segnalazione da parte del lavoratore di tale sua specifica esigenza, atteso che, considerate le dimensioni dell’azienda (che aveva alle sue dipendenze 60 dipendenti) il sovraocchiale doveva essere considerato come parte delle dotazioni in sede di valutazioni della sicurezza e quindi messo a disposizione dei lavoratori.
Peraltro l’inidoneità dei dispositivi individuali poteva essere rilevata anche mediante un efficace sistema di controllo che non risulta essere stato predisposto nell’azienda prima dell’infortunio.
Nè comunque è stato ritenuto a tal fine idoneo il sistema della procedura di sostituzione dei dispositivi adottato nell’azienda in primo luogo perché afferente a dispositivi usurati e non già mancanti ab origine ed inoltre in quanto tendente a far ricadere sul lavoratore obblighi gravanti sul datore di lavoro.
Peraltro, anche a voler ritenere che il lavoratore avesse solo da ultimo palesato la sua condizione di ipovedente (e che nell’azienda non vi fosse nessun altro dipendente affetto da tale deficit visivo) né l’atto di appello, né il ricorso offrono alcuna indicazione circa il momento in cui lo stesso avrebbe cominciato ad avere bisogno degli occhiali da vista nell’adempimento della prestazione lavorativa.
Per converso, come correttamente argomentato dalla sentenza impugnata, l’azienda dell’imputato annoverava ben sessanta dipendenti e tenuto conto delle dimensioni della medesima era del tutto verosimile e prevedibile la circostanza che vi fossero lavoratori ipovedenti. L’esigenza in questione non può pertanto considerarsi singolare e del resto è emerso chiaramente che almeno un altro dipendente avesse la medesima esigenza.

Fonte: Olympus.uniurb

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