Cassazione Penale: infortunio del lavoratore e responsabilità del preposto

Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2020, n. 1683 – Prassi contra legem nelle operazioni di sollevamento e di carico delle casseforme. Responsabilità di un preposto.

In questa sentenza la Corte di Cassazione ha ribadito «il principio secondo il quale, in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo».

Pertanto «anche in relazione all’obbligo di vigilanza, le modalità di assolvimento vanno rapportate al ruolo che viene in considerazione; il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli.
Ne consegue che, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo o di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche».

Nel caso di specie la Corte territoriale ha riconosciuto «l’esistenza di una prassi contra legem osservata per le operazioni di sollevamento e di carico delle casseforme. Né l’esistenza di tale prassi (e della sua conoscibilità da parte dei vertici aziendali) poteva essere desunta dalle ammissioni della persona offesa e di un altro lavoratore di aver effettuato in precedenza la medesima manovra pericolosa.
Si è quindi dimostrato che il preposto, nell’esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, non si era attenuto alle disposizioni di legge, tollerando una prassi particolarmente pericolosa per gli addetti e suggerita dalla società, non predisponendo le opportune precauzioni per scongiurarne l’utilizzo nonché non sorvegliando l’operato dei dipendenti».

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