Cassazione Penale, Sez. 4, 28 novembre 2024, n. 43374 – Responsabilità del titolare della impresa affidataria dei lavori per la realizzazione del complesso residenziale per un infortunio all’interno dell’area di cantiere.
La Corte di appello ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale nei confronti dell’imputato A dichiarando estinti per prescrizione gli illeciti contravvenzionali ascrittigli e applicando le attenuanti generiche, equivalenti alle aggravanti, in relazione al delitto di cui all’art. 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. a lui ascritto in cooperazione colposa con i coimputati B e C.
Il procedimento ha ad oggetto un infortunio verificatosi presso un cantiere edile aperto dall’imputato A, nella duplice qualità di committente e di titolare della impresa individuale affidataria di lavori edili per il completamento di un complesso residenziale costituito da due fabbricati. L’incidente si verificò all’interno dell’unità abitativa n. 7 di uno dei due edifici che l’imputato A aveva già promesso in vendita a B. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, D socio amministratore della FRL Srls, si era recato in quell’immobile insieme a C, titolare della impresa individuale MGM, per eseguire un sopralluogo. B infatti, quale promissario acquirente dell’unità abitativa n. 7, aveva chiesto a C un preventivo per l’imbiancatura delle pareti interne e la verniciatura delle travi: lavori che, secondo gli accordi contenuti nel preliminare di vendita, erano a carico dell’acquirente e non dell’impresa costruttrice. Nel sopralluogo era stato coinvolto D perché proprietario di un trabattello che C pensava di utilizzare per eseguire i lavori. Nell’unità abitativa vi era una stanza soppalcata, ma la scala di accesso al soppalco non era ancora stata predisposta, né erano state predisposte le ringhiere fisse che avrebbero dovuto circondare la struttura. Dopo la posa in opera dei pavimenti, inoltre, erano stati rimossi i parapetti, che circondavano il soppalco, e le opere provvisionali che consentivano di accedere allo stesso in condizioni di sicurezza. Per raggiungere il soppalco, dunque, C e D si avvalsero di una scala in alluminio che trovarono appoggiata ad un muro. Mentre era intento ad ispezionare le travi, DD. mise un piede nel vuoto e cadde da tre metri di altezza sul pavimento del locale sottostante riportando lesioni dalle quali derivò una malattia di durata superiore ai quaranta giorni.
All’esito del giudizio di primo grado, l’imputato A è stato ritenuto responsabile dell’infortunio insieme al promissario acquirente B e a C. All’imputato è stato ascritto un comportamento colposo consistito: nel non aver provvisto di parapetto e tavola fermapiede l’apertura verso il vuoto esistente nel locale soppalcato (art. 146 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81); nel non aver provveduto affinché il cantiere fosse dotato di una recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l’accesso di estranei alle lavorazioni (art. 109 D.Lgs. n. 81/08); nel non aver verificato le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e prescrizioni del piano di sicurezza (art. 97 comma 1, D.Lgs. n. 81/08). La Corte di appello ha confermato la dichiarazione di responsabilità sottolineando: che l’area di cantiere costituita dall’unità abitativa n. 7 era pericolosa perché, in attesa dell’installazione della scala e delle ringhiere, il soppalco era privo di protezioni; che, pertanto, quell’area avrebbe dovuto essere segregata; che l’imputato A non predispose misure idonee in tal senso; che, infatti, C e D, pur essendo soggetti terzi, ebbero libero accesso al cantiere e a quell’area.
Contro la sentenza della Corte di appello l’imputato ha proposto ricorso.
Il ricorso è infondato e quindi rigettato.
Il ricorrente è stato ritenuto responsabile dell’infortunio perché, quale titolare della impresa affidataria dei lavori, avrebbe dovuto assicurare che il cantiere, al cui interno si trovava l’unità abitativa n. 7, fosse in ogni parte conforme alle norme in materia di prevenzione infortuni o, in alternativa, che le aree pericolose fossero segregate e fosse impedito in modo assoluto di accedervi. I profili di colpa specifica individuati a carico dell’imputato infatti (art. 146, art. 109, art. 97, comma 1, D.Lgs. n. 81/08), riguardano la fase esecutiva dei lavori e la concreta gestione del cantiere: riguardano, dunque, la violazione di obblighi che gravano sul datore di lavoro dell’impresa affidataria e su eventuali dirigenti o preposti, ma non sul committente (sul ruolo e sui compiti del committente: Sez. 4, n. 5802 del 29/01/2021, Cribari, Rv. 280925 e giurisprudenza ivi citata).
È utile ricordare che il capo di imputazione indica nell’imputato il committente dei lavori volti alla realizzazione del complesso residenziale e il titolare dell’impresa affidataria di quei lavori, ma non fa menzione delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/08 che fissano gli obblighi del committente. Di questo non ci si può stupire, atteso che il ricorrente concentrava su di sé le due figure di committente dei lavori edili e di titolare dell’impresa affidataria dei lavori e, per quanto riguarda l’infortunio oggetto del procedimento, la seconda posizione ha rilievo assorbente.
In sintesi: l’imputato non è stato ritenuto responsabile dell’infortunio quale committente dei lavori edili per il completamento del complesso residenziale e, tanto meno, quale committente dei lavori per i quali C doveva stilare un preventivo (lavori che avrebbero dovuto essere eseguiti su incarico di B in epoca successiva al rogito notarile); la responsabilità del ricorrente è stata ritenuta, perché egli era il titolare dell’impresa affidataria dei lavori e non aveva neppure nominato un preposto, sicché gravava su di lui, in prima persona, l’obbligo di garantire la sicurezza del cantiere nella fase esecutiva.
Fonte: Olympus.uniurb