Cassazione Penale: infortunio mortale durante la manutenzione di un impianto elettromeccanico e obbligo di redazione del POS

Cassazione Penale, Sez. 4, 02 gennaio 2025, n. 30 – Infortunio mortale durante la manutenzione di un impianto elettromeccanico di sgrigliatura. Nozione di “cantiere” e obbligo di redigere il POS.

 

La Corte d’Appello ha riformato la sentenza del Tribunale con la quale l’imputato era stato assolto dal reato di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589, comma 2, cod. pen. ai danni del lavoratore dipendente della società incaricata della manutenzione di un impianto elettromeccanico di sgrigliatura nel contesto di una centrale idroelettrica. L’imputato, consigliere d’amministrazione con delega alla sicurezza e salute dei lavoratori della citata società, è stato condannando con il riconoscimento delle circostanze attenuanti equivalenti alle aggravanti.

All’imputato si è addebitato di aver cagionato il decesso del lavoratore per colpa generica, in relazione all’obbligo datoriale derivante dalla previsione di cui all’art. 2087, cod. civ., per non avere cioè adottato le misure che, secondo la particolarità della lavorazione, l’esperienza e la tecnica, erano necessarie per la tutela dell’integrità fisica del lavoratore e la sua incolumità rispetto ai pericoli derivanti dallo svolgimento dell’attività lavorativa; ma anche specifica, avendo violato l’art. 96, comma 1, lett. g) del D.Lgs. n. 81/2008 che prescrive al datore di lavoro di redigere il piano operativo di sicurezza (POS) di cui all’art. 89, comma 1, lett. h), stesso decreto, in base all’allegato XV. Gli addebiti di colpa sono stati formulati in relazione ad una lavorazione eseguita nel settembre 2020 (si trattava specificamente della manutenzione di uno sgrigliatore installato presso una centrale idroelettrica, costituito da una parte fissa, il cassero, e una mobile, cioè un rastrello all’estremità inferiore del quale vi era un “pettine”). Nel maggio dello stesso anno, il lavoratoren aveva già eseguito un intervento di manutenzione presso lo stesso sgrigliatore che però non si era concluso perché un bullone si svitava e, in quell’occasione, era stato predisposto il POS, ma lo stesso era incompleto, poiché non contemplava le procedure e le modalità da seguire per quella lavorazione, con specifico riferimento alle operazioni di montaggio e rimontaggio della parte mobile del macchinario, mediante la previsione di sistemi di bloccaggio e della presenza di almeno due lavoratori esperti. Durante il primo intervento, il lavoratore era stato aiutato da un collaboratore esterno all’azienda; durante il secondo, invece, da un dipendente della stessa società, non formato e inesperto, al quale spettava il compito di comandare la pulsantiera.
Nella specie, mentre la vittima era impegnata a completare l’intervento di sostituzione delle guarnizioni di tenuta dello sgrigliatore per rimuovere i detriti mediante la salita e la discesa del “pettine”, veniva colpita violentemente dallo sgrigliatore, del peso di oltre Kg. 200 (il cui ancoraggio era stato assicurato con un pezzo di legno che non aveva retto alla sua funzione di appoggio), precipitando sul fondo della vasca e riportando lesioni dalle quali derivava l’immediato decesso.
La Corte del merito escluso l’obbligo di procedere alla rinnovazione dell’istruttoria, ai sensi dell’art. 603 comma 3-bis, cod. proc. pen., rilevando che, nella specie, non si versava in un’ipotesi di rivalutazione della prova dichiarativa, ma di un errore di diritto nel quale era incorso il primo giudice, il quale aveva ritenuto che l’intero giudizio sulla responsabilità si risolvesse nella soluzione della questione preliminare della possibilità di configurare l’operazione svolta dal lavoratore quale lavoro edile che poteva dare origine a un cantiere nei termini di cui all’art. 89 D.Lgs. n. 81/2008.
La Corte ha disatteso l’affermazione del Tribunale, rilevando che il rastrello di uno sgrigliatore industriale inserito all’interno del circuito di una centrale idroelettreica non poteva essere ricondotto, come aveva fatto il Tribunale, alla categoria delle macchine traendo conferma di tale conclusione anche dal fatto che, in occasione dell’intervento del maggio, era stato predisposto un POS, seppur inadeguato, a dimostrazione che la stessa società aveva ritenuto dovuto detto adempimento.
Ne consegue che la lavorazione durante la quale aveva trovato la morte il lavoratore era inerente a un cantiere temporaneo o mobile con conseguente sussistenza dell’obbligo datoriale di predisporre il POS per l’intervento di settembre, stante la inadeguatezza di quello di maggio. Il contenuto del POS redatto a maggio è stato considerato inadeguato e tale da non giustificare la mancata adozione del POS per l’intervento di settembre: esso non conteneva alcuna procedura operativa specifica, la cui predisposizione era completamente rimessa alla committenza; e neppure indicazioni di dettaglio quanto all’intervento manutentivo da svolgersi, limitandosi a riportare informazioni standard sulle attività di cantiere, senza porre in evidenza gli specifici rischi connessi a un intervento che avrebbe dovuto, peraltro, svolgersi in quota, senza punti di attacco in alto e a contatto con elementi mobili estremamente pesanti.
La Corte di merito ha rilevato inoltre che il Tribunale aveva del tutto omesso la valutazione degli addebiti di colpa generica, essendo specifico obbligo del datore di lavoro quello di effettuare la valutazione dei rischi delle singole lavorazioni, valutando i pericoli ai quali l’attività demandata al lavoratore lo potrebbe esporre, con la previsione di opportune misure di sicurezza, anche a prescindere dalla redazione del POS, ricavando l’obbligo di procedere all’analisi approfondita dei singoli rischi dal dovere di formazione e informazione dei lavoratori. Pertanto, anche ove non tenuto alla redazione del POS, il datore di lavoro non potrebbe esimersi da tale dovere generale e dalla previsione degli specifici rischi nel DVR.
Nello specifico, pur risultando dal DVR adottato dalla società la previsione che per le lavorazioni svolte all’esterno presso cantieri la valutazione dei relativi rischi era affidata ad apposito POS, il datore di lavoro non aveva adottato il documento per l’intervento di settembre. Infine, quanto all’addebito di colpa generica, la Corte ha rilevato che esso era stato ricondotto anche alla mancata previsione della partecipazione di due soggetti qualificati all’attività di manutenzione durante la quale aveva trovato la morte il lavoratore che era stato affiancato da un soggetto del tutto inadeguato e privo di qualunque esperienza per quella specifica lavorazione che si svolgeva in quota e a contatto con parti mobili di peso notevole.
Le ritenute omissioni sono state ritenute correlate al rischio concretizzatosi: la previsione dei rischi e la relativa informazione del lavoratore, in uno con la presenza di un altro lavoratore in grado di segnalare l’inadeguatezza delle misure approntate e di coadiuvare il primo durante la lavorazione, avrebbero certamente consentito lo svolgimento del lavoro in sicurezza e, dunque, scongiurato l’evento, peraltro del tutto prevedibile, trattandosi di rischio generico di caduta dall’alto, per di più in presenza di parti mobili di notevole peso.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso, formulando quattro motivi, che è stato rigettato.
Per leggere le motivazioni andare alla sentenza completa.

Fonte: Olympus.uniurb

Vai al testo completo della sentenza…

Precedente

Prossimo