Cassazione Penale: infortunio mortale dell’escavatorista e mancato adeguamento del POS alle più complesse attività di scavo

Cassazione Penale, Sez. 4, 16 febbraio 2023, n. 6565 – Mortale schiacciamento dell’escavatorista. Mancato adeguamento del POS alle più articolate e complesse attività di scavo.

 

La Corte di Appello aveva riconosciuto la datrice di lavoro e il direttore del cantiere colpevoli del reato di omicidio colposo aggravato dalla inosservanza delle disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro
Nella realizzazione del marciapiede in un centro urbano era contestato un difetto di specificazione nel POS in relazione alle misure preventive e protettive da adottarsi in relazione alle suddette attività, le quali comportavano anche la realizzazione di scavi fino alla profondità di 2,50 metri, nonché la omessa predisposizione di armature idonee a sorreggere le pareti di tali scavi. Tali inosservanze erano ritenute causalmente efficienti alla determinazione dell’infortunio del lavoratore, occupato nell’attività di escavatorista e sceso dal mezzo con la benna dalla parte della discesa, a causa dell’andamento del terreno e dal fatto che si presentasse cedevole, veniva schiacciato tra la parete dello scavo e lo sfilo metallico dello stabilizzatore, posto che la benna, lasciata a motore acceso, scivolava in avanti, riportando lesioni che ne cagionavano l’immediato decesso.

Il giudice distrettuale, in punto di responsabilità penale, pure riconoscendo rilievo alla prospettazione degli appellanti, secondo la quale l’infortunio si era verificato non già quando l’escavatorista si trovava all’interno di uno scavo profondo, ma allorquando stazionava all’altezza di uno scavo di circa mezzo metro e che era rimasto schiacciato tra l’escavatore, che si era mosso scivolando per circa 2,50, e la recinzione di una abitazione che delimitava lo scavo e solo successivamente era stato trascinato verso la parte più profonda, riteneva tale accadimento collegato a un difetto di individuazione e di valutazione dei rischi per quel tipo di lavorazioni ai sensi dell’art.96 comma 1 lett.g) D.Lgs. 81/2008. In particolare rilevava come il piano operativo predisposto dalla società esecutrice avesse avuto ad oggetto interventi di rifacimento dei marciapiedi che avrebbero comportato modeste opere di escavazioni, per profondità comunque non superiori a otto centimetri laddove, a seguito di intese con l’amministrazione committente, verosimilmente volte alla verifica della tenuta di tubazioni e all’accertamento di eventuali infiltrazioni, si erano realizzate operazioni di scasso e di escavazione variabili tra 50 cm e 2,50 cm, interventi che avrebbero giustificato la previsione di rischi di infortunio e la predisposizione delle relative misure di prevenzione e protezione in termini adeguati alla maggiore consistenza e alla maggiore profondità degli interventi di scavo, in ragione dell’innalzamento del rischio collegato alle operazioni con mezzi meccanici. Rilevava ancora che la carenza di adeguamento del POS aveva assunto rilievo causale efficiente e decisivo nella dinamica dell’infortunio atteso che, a prescindere dalla colpa concorrente dell’escavatorista, che era sceso dal mezzo lasciando il motore acceso e la benna non correttamente aderente al terreno, la mancata stabilizzazione del terreno intorno allo scavo (pure profondo circa 50 cm) avevano favorito il movimento del mezzo meccanico che movendosi in direzione dello scavo, per la inidonea stabilizzazione e per la cedevolezza del terreno, vi aveva fatto ingresso con una ruota schiacciando il lavoratore contro la recinzione del manufatto limitrofa all’area di scavo. Assume ancora il giudice di appello che qualora fossero stati apprezzati nel POS i rischi derivanti dalla profondità dello scavo e della cedevolezza del terreno, avrebbero potuto essere adottate opportune cautele per evitare i rischi di destabilizzazione del mezzo (quali la predisposizione di una base di appoggio, ovvero la realizzazione di armature, ovvero il mantenimento di distanza adeguata tra il mezzo e lo scavo).
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa degli imputati che con un articolato e diffuso motivo denuncia contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’affermazione della penale responsabilità degli imputati rilevando che la violazione cautelare non risulta dotata di efficienza causale rispetto all’evento.

Nel caso di specie, la Corte di Appello ha ricostruito la vicenda fattuale in modo logico e coerente, evidenziando in termini analitici e coerenti tutti i passaggi salienti, in termini causali, che hanno determinato la verificazione del sinistro.
A tale proposito la difesa del ricorrente, deduce il travisamento della prova in relazione alla dinamica dell’infortunio, con particolare riferimento alla esatta ubicazione in cui la persona offesa era stata attinta dall’escavatore in movimento rimanendo intrappolato e schiacciato, per sostenere che, a fronte dei gravi profili di colpa ascrivibili all’escavatorista, il mancato adeguamento del POS alle sopravvenute esigenze delle lavorazioni (scavi in profondità con necessità di procedere alla realizzazione delle armature e comunque alla messa in sicurezza dell’area adiacente), non aveva assunto alcuna rilevanza causale, in quanto la persona offesa era stata attinta e schiacciata in un punto in cui lo scavo era profondo solo mezzo metro e quindi non si imponeva la predisposizione di misure di sicurezza diverse da quelle previste per scavi superficiali.
L’articolazione difensiva è priva di fondamento in quanto il giudice distrettuale, pure prospettando che la causa della morte dell’escavatorista potesse non essere stata determinata dal trascinamento del lavoratore nella porzione più profonda dello scavo, ha fornito logico e non contraddittorio rilievo al mancato adeguamento del POS da parte del datore di lavoro, come elemento incidente sull’errata procedura di lavoro seguita dal dipendente infortunato.
Con argomenti privi di frattura logico giuridica ha infatti precisato che l’obbligo a carico del datore di lavoro non si arresta alla predisposizione di un piano operativo di sicurezza che contenga la indicazione delle misure di sicurezza volte a prevenire le fonti di rischio connesse alla natura e alle caratteristiche delle opere oggetto di appalto, ma si estende ad un onere di aggiornamento e di adeguamento del piano, allorquando l’impresa sia chiamata a realizzare opere nuove o aggiuntive che comportano modalità o sistemi di lavorazione più complessi e articolati, così da imporre la riconsiderazione, in chiave prevenzionistica, di ulteriori fonti di rischio e quindi la predisposizione di misure di sicurezza coerenti con l’innalzamento del grado di pericolo connesso alle suddette lavorazioni.
Deve pertanto ritenersi corretta la valutazione operata dal giudice distrettuale il quale ha evidenziato come “in corso di opera, al fine di verificare ed eliminare alcune infiltrazioni, è stato eseguito un lavoro affatto diverso, consistito in uno scavo variabile tra 50 cm e 255 cm. E’ del tutto evidente come la nuova opera, per le sue caratteristiche di complessità, ha comportato un notevole innalzamento del rischio che non è stato in alcun modo riconsiderato ai fini di un aggiornamento del piano”, che avrebbe dovuto tenere conto delle condizioni del terreno (rimosso e quindi per natura cedevole) e le conseguenze in ordine alla stabilità dei mezzi adoperati; sul punto il giudice distrettuale argomentava che “qualora fossero stati apprezzati nel piano operativo per la sicurezza i rischi derivanti dalla profondità dello scavo e dalla cedevolezza del terreno (connessi sia alla profondità sia al fatto che in quel punto si erano verificate infiltrazioni), avrebbero potuto essere adottate opportune cautele per il rischio di destabilizzazione del mezzo”, il quale aveva perso stabilità muovendosi in direzione dello scavo che il lavoratore stava ispezionando “sia per la pendenza, sia per la cedevolezza del terreno a margine dello scavo e quindi, in mancanza di una idonea stabilizzazione, è precipitato all’interno schiacciando il lavoratore contro la recinzione”.
La motivazione della sentenza impugnata risulta pertanto priva di contraddizioni e si pone peraltro nel solco della giurisprudenza di legittimità che impone al datore di lavoro un costante aggiornamento del piano operativo della sicurezza in relazione alla natura e alle caratteristiche delle lavorazioni da compiersi (sez.4, n.45862 del 14/9/2017, Prina, Rv.271026; n.2845 del 10/10/2020, Martinelli, Rv.280319).
Per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere rigettato.

Fonte: Olympus.uniurb

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