Cassazione Penale: investimento del lavoratore, responsabile di omicidio colposo anche il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

Cassazione Penale, Sez. 4, 25 settembre 2023, n. 38914 – Lavoratore investito mortalmente da un carico di tubolari di acciaio: responsabile di omicidio colposo anche il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

 

La Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani nei confronti del datore di lavoro e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, ritenuti colpevoli del reato di omicidio colposo, conseguente alla violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
In particolare al rappresentante della ditta e datore di lavoro, si rimproverano la colpa generica e la colpa specifica di avere omesso di effettuare la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei dipendenti, di valutare il reale rischio di caduta dall’alto delle merci stoccate sugli scaffali e di elaborare le procedure aziendali in merito alle operazioni di stoccaggio dei pacchi di tubolari sullo scaffale sul quale si verificò il sinistro, consentendo quindi che il lavoratore, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgesse di fatto anche le funzioni di magazziniere, senza averne ricevuto la corrispondente formazione (comprensiva dell’addestramento all’utilizzo del carrello elevatore). Accadeva così che, durante le operazioni di stoccaggio il lavoratore dopo avere trasportato, a mezzo di un carrello elevatore, un carico di tubolari di acciaio, sceso dal carrello elevatore ed arrampicatosi sullo scaffale per meglio posizionare il carico, venisse schiacciato sotto il peso dei tubolari che gli rovinavano addosso.
Al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, è stata ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale di cui sopra, attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’aver omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui la vittima) per l’uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell’azienda dei rischi connessi all’utilizzo, da parte del lavoratore vittima dell’incidente, del carrello elevatore.
Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati e mezzo dei rispettivi difensori.

Il ricorso del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo, si deduce violazione di legge in relazione alle funzioni del Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza che, al momento del fatto ((Omissis)), dovevano ritenersi di mera collaborazione, difettando un’espressa posizione di garanzia in capo all’imputato. Al responsabile dei lavoratori non spettano funzioni di valutazione dei rischi, di adozione di opportune misure per prevenirli e nemmeno quella di formazione dei lavoratori, funzioni di mero appannaggio del datore di lavoro. Nè gli spetta un’attività di controllo e di sorveglianza. Si tratta di un ruolo di mera “consultazione”, che si traduce essenzialmente nella possibilità di esprimere un parere preventivo di cui il datore di lavoro può anche non tenere conto. Il rappresentante della sicurezza dei lavoratori non ha poteri decisionali e, di conseguenza, non sono previste, a suo carico, sanzioni amministrative e/o penali;
Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 40, cpv., c.p., poichè, in ragione di quanto sopra, l’imputato non poteva dirsi investito dell’obbligo giuridico di impedire l’evento;
Con il terzo motivo, si deduce violazione art. 40, comma 1, c.p. in riferimento alla ascritta condotta omissiva e al giudizio controfattuale. La Corte di appello non tiene in considerazione i principi giurisprudenziali in tema di reato omissivo o commissivo mediante omissioni. Se anche il RLS avesse comunicato al datore di lavoro quanto si assume fosse a sua conoscenza ossia le modalità di prestazione dell’attività lavorativa della vittima dell’infortunio è altamente probabile che detta comunicazione non avrebbe avuto alcun riverbero sulle decisioni aziendali, stanti la mancanza di potere in capo all’imputato e la piena conoscenza dell’attività posta in essere dall’infortunato da parte del datore di lavoro.

Relativamente al ricorso del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza i tre motivi dallo stesso sollevati si riducono in sostanza al primo, ossia alla dedotta assenza di una posizione di garanzia in capo allo stesso e di un qualsivoglia potere in grado di incidere sulle decisioni del datore di lavoro.
Si tratta, tuttavia, di assunti infondati.
Come è noto, l’art. 50 D.Lgs. n. 81 del 2008, che ne disciplina le funzioni e i compiti, attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ciò detto, è bene precisare che, nel caso di specie, viene in rilievo non se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (art. 40 cpv. c.p.) – ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’art. 113 c.p. E, sotto questo profilo, la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa del RLS nel delitto di cui trattasi. Richiamati i compiti attribuiti dall’art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, ha osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il lavoratore fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori.
Del tutto congetturale e comunque inconferente si appalesa il terzo motivo di ricorso.

I ricorsi sono infondati e devono, pertanto, essere rigettati.

Fonte: Olympus.uniurb

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