Con la sentenza del 23 settembre 2014 n. 38966, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte ha sancito che “l’attività di formazione è necessariamente un’attività procedimentalizzata” e “non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro.”
Queste le parole della Cassazione sul corretto adempimento dell’obbligo di formazione in questa interessantissima pronuncia: “La Corte di appello non contesta che sia stata fatta un’attività di formazione del lavoratore; ma l’addebito è che quell’attività non costituiva corretto adempimento dell’obbligo di formazione, in quanto la formazione impartita non era stata adeguata: “che il padrone avesse affiancato all’operaio inesperto in quel settore, un operaio esperto (…) e che quest’ultimo avesse frettolosamente dato delle informazioni sul funzionamento della macchina (per soli cinque minuti, come ricorda il dipendente) è un dato di fatto che va ad affermare la penale responsabilità del datore di lavoro, facendo capo a quest’ultimo non solo la mera consegna documenti informativi sulle categorie di rischio (anche considerando che quella da lavoro su macchine tranciatrici … all’epoca del corso nel 2007 neppure coinvolgeva il dipendente infortunato perché egli era impiegato in altro tipo di lavorazione), ma anche l’effettivo rispetto dell’obbligo di una formazione adeguata ad allertare l’attenzione del dipendente soprattutto quando, come nel caso in esame, e un anno dopo il corso, veniva impiegato per la prima volta in quel tipo di mansioni”. Orbene, rammentato quanto puntualizzato già in altra occasione, ovvero che in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro e ciò perché l’apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione prevista dalla legge (Sez. 4, n. 21242 del 12/02/2014 – dep. 26/05/2014, Nogherot, Rv. 259219), si deve ribadire che non è dubitabile che una formazione adeguata raramente può prescindere dalla socializzazione delle esperienze professionali maturate da altri lavoratori; ma questa non può esaurire l’attività di formazione e va necessariamente inserita all’interno di un percorso di addestramento che, per garantire il raggiungimento degli obiettivi sostanziali e non la mera osservanza formale dei precetti, deve prevedere momenti di verifica dei risultati: insomma l’attività di formazione è necessariamente un’attività procedimentalizzata. Nel caso di specie la Corte distrettuale ha ricordato che l’ A. si era detto all’oscuro della contemporanea attivazione della piegatrice e della troncatrice a mezzo del pedale. Ne consegue che è del tutto conforme al quadro normativo e rispettoso dei dati di fatto accertati nel processo l’assunto della Corte di Appello, secondo il quale adempimenti puramente formali – peraltro lontani nel tempo e dall’adibizione alle specifiche mansioni – e la rapida ed approssimativa informazione data dal lavoratore esperto al lavoratore privo delle necessarie nozioni non può aspirare ad essere attività di formazione, nell’accezione definita dalle previsioni normative che si indirizzano al datore di lavoro.”
Fonte: Corte di Cassazione