La formazione efficace alla sicurezza, alla ricerca della bacchetta magica, tra valutazione oggettiva, percezione soggettiva e condizionamenti culturali

Pubblichiamo un contributo del Prof.Federico Ricci che propone una riflessione documentata e approfondita su come le differenze tra i valori culturali dei lavoratori siano collegate alla percezione del rischio e su come la conoscenza di tali elementi e dei loro meccanismi di funzionamento possa contribuire alla realizzazione di una formazione efficace

La formazione efficace alla sicurezza, alla ricerca della bacchetta magica, tra valutazione oggettiva, percezione soggettiva e condizionamenti culturali. Di Federico Ricci.

“Premessa
Cosa accade ad ognuno di noi quando, nel corso della quotidiana attività lavorativa, ci troviamo in condizioni di pericolo? Quali sono le determinanti del nostro comportamento sicuro o non sicuro? Quanto un atto fondamentale come la valutazione documentata di tutti i rischi influisce sul comportamento degli individui? Come interviene nel determinare il comportamento la percezione soggettiva del rischio?
Senza avere la pretesa di fornire risposte esaustive e definitive, vorrei contribuire ad un dibattito ricco e vivace che è da tempo in corso tra i professionisti della tutela della salute lavorativa. Un contributo certamente parziale e modesto, una riflessione, però seria in merito a come le differenze tra i valori culturali dei lavoratori sono collegate alla percezione del rischio e al significato che ognuno di noi attribuisce ai pericoli presenti sul lavoro. Quella percezione soggettiva del rischio, basata sulle sensazioni che i singoli o i gruppi hanno del rapporto tra pericolo e rischio, che viene anche definita rischiosità (Ricci F., 2007). La conseguenza naturale di questo dibattito è, ovviamente, come contribuire a realizzare una formazione efficace.

La valutazione oggettiva da sola non basta
Per spiegare la correlazione tra i valori culturali e la percezione del rischio sul lavoro, vorrei citare uno studio (Perez-Floriano L. R et al. 2007) che ha coinvolto 220 lavoratori di una multinazionale con sede a Rio de Janeiro, San Paolo e Buenos Aires. Dallo studio emerge che i valori culturali differiscono tra le città e sono associati al modo in cui le persone concepiscono il rischio e rispondono a programmi di gestione del rischio. Questo è particolarmente importante perché fornisce la motivazione a tenere conto dei valori culturali per realizzare programmi di gestione della sicurezza che siano realmente efficaci. I risultati contrastano con l’assunto che i metodi di formazione alla sicurezza possono essere applicati indiscriminatamente in ogni paese, senza tener conto della cultura nazionale e delle differenze intra-nazionali legate alle diverse sottoculture. I risultati sono importanti per le imprese multinazionali, così come per contesti multiculturali, ormai molto diffusi. Il limite di questo studio è che è stato condotto in una sola organizzazione, nell’ambito del settore dei trasporti. Quindi serve cautela nel generalizzare questi risultati ad altre aree geografiche o settori, tuttavia i dati ci aiutano a capire quella che sembra una anomalia, ovvero un Documento di Valutazione dei Rischi ottimale può non determinare una percezione soggettiva dei rischi adeguata.
La definizione di sistemi di gestione del rischio e di tutela della salute possono portare alla riduzione del tasso di infortuni e di morti sul lavoro, tuttavia queste pratiche possono fallire se si trascurano i fattori culturali. Non si può quindi ignorare l’impatto dei valori culturali sulla percezione soggettiva dei rischi, ovvero come le diverse appartenenze culturali influenzano le interpretazioni individuali di rischio e pericolo.
Le organizzazioni che vogliono sviluppare una forte cultura di sicurezza devono comprendere la percezione che i lavoratori hanno del rischio e del pericolo. Questa potrebbe essere il risultato della complessa interazione tra cultura, cognizioni, e fattori sociali. Sappiamo infatti che la sicurezza sul lavoro è legata direttamente a due fattori: la comunicazione del rischio e le alternative comportamentali per la gestione dei rischi (Vaughan, 1993; Vaughan et al., 1991)….”

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