Cassazione Penale, Sez. 1, 09 giugno 2023, n. 24945 – Mancanza di cartellonistica, di impianti di estinzione e di uscite di emergenza: pur in assenza di dipendenti, il delitto è configurabile quando possa prefigurarsi un pericolo anche per terzi.
La Corte d’appello ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale nei confronti del rappresentante legale in relazione al reato di cui all’art. 437 c.p..
L’imputato è stato rinviato a giudizio e ritenuto responsabile per il reato di cui all’art. 437 c.p. perchè, quale datore di lavoro e rappresentante legale della ditta, avrebbe omesso di collocare gli impianti e gli apparecchi e i segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro. In particolare, allo stesso è contestato di non avere collocato, nonostante i provvedimenti prescrittivi in tal senso già emessi nei suoi confronti, idonea cartellonistica relativa ai carichi di alcuni scaffali, di non avere predisposto mezzi e impianti di estinzione, di non avere realizzato uscite di emergenza adeguate e di non avere istallato cartellonistica relativa alle emergenze antincendio e a queste connesse.
All’esito del processo di primo grado il Tribunale ha ritenuto integrati gli elementi costitutivi del reato e ha condannato l’imputato alla pena di nove mesi di reclusione.
La difesa ha proposto appello avverso la sentenza evidenziando che l’imputato non avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile del reato, sia perchè non avrebbe adempiuto alle prescrizioni per difficoltà economiche, sia in quanto nel caso di specie il soggetto in pericolo sarebbe stato esclusivamente l’imputato stesso poichè il magazzino al quale si riferiscono le contestazioni era gestito esclusivamente da lui senza che la ditta individuale avesse altri dipendenti.
La Corte territoriale ha confermato la condanna pronunciata in primo grado. Il giudice d’appello, infatti, ha ritenuto che non fossero provate le difficoltà economiche e, quanto all’ulteriore censura, ha evidenziato che il delitto, posto a tutela dell’incolumità pubblica, è configurabile ogni volta che possa prefigurarsi un pericolo anche per terzi, estranei all’impresa, che dovessero accidentalmente accedere ai luoghi di lavoro.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato.
Il ricorso è infondato.
L’art. 437 c.p., “Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”, sanziona con la reclusione da sei mesi a cinque anni la condotta di chiunque “omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia” e, al comma 2 prevede che “se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”.
In ordine a tale fattispecie e alla configurabilità del reato si sono formati due diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
In alcune pronunce si è affermato che il reato di cui all’art. 437 c.p. è integrato anche nel caso in cui il pericolo interessi soltanto un singolo lavoratore in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma concernerebbe anche la sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta di lavoratori o di singoli lavoratori, posto che tale disposizione incrimina espressamente la rimozione o l’omissione dolosa di cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro, i quali riguardano di solito singoli soggetti e non indistinte collettività di persone (cfr. Sez. 4, n. 57673 del 24/11/2017, Fenotti, Rv. 271693; Sez. 1, n. 12464 del 21/02/2007, L’Episcopo, Rv. 236431).
Nelle più recenti decisioni, si è invece affermato che ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo (così Sez. 1, n. 39091 del 15/4/2022, Nerini, n. m.; Sez. 1, n. 2547 del 30/9/2021, dep. 2022, Piccarella, n. m.; cfr. Sez. 4, n. 7939 del 25/11/2020, dep. 2021, L’Episcopo, Rv. 280928 – 01; Sez. 1, n. 4890 del 23/01/2018, dep. 2019, Prunas, Rv. 276164; Sez. 1, n. 18168 del 20/01/2016, Antonini, Rv. 266881; Sez. 1, n. 6393 del 02/12/2005, dep. 2006, Strazzarino, Rv. 233826).
Il collegio ritiene che il secondo indirizzo, che assegna centrale rilevanza al carattere di diffusività del pericolo derivante dalla rimozione od omissione di apparecchi destinati a prevenire infortuni sul lavoro, debba essere preferito.
Fonte: Olympus.uniurb