Cassazione Penale: responsabilità del direttore di stabilimento per infortunio mortale

Cassazione Penale, Sez. 4, 16 ottobre 2020, n. 28726 – Infortunio mortale durante la movimentazione di travi. Responsabilità del direttore di stabilimento colpevole di aver tollerato, avallato e non corretto prassi lavorative pericolose.

Nel caso di specie la Suprema Corte ha evidenziato che ciò che è mancato “è proprio l’attività di vigilanza e direttive specifiche nella concreta organizzazione a fronte di una prassi foriera di rischi specifici che comportava vantaggi per l’azienda, con risparmio di risorse umane per ciascun turno e che avrebbe necessitato da parte del direttore, con funzioni in materia di sicurezza sul lavoro, una concreta attività finalizzata ad evitare il protrarsi della modalità pericolosa di lavorazione mettendo in atto tutte le misure organizzative necessarie di sensibilizzazione dei preposti e dei lavoratori dipendenti (art. 18 comma 1 lett. f e comma 3 bis d.lvo 81/2008)”.
Proprio “la condotta colposa e negligente di aver tollerato, avallato e non corretto prassi lavorative pericolose ha costituito il presupposto dell’infortunio mortale in quanto sia la movimentazione della trave lunga oltre 10 metri da parte di un solo operatore che la presenza dell’armadietto metallico nell’area di stoccaggio e movimento terra non erano percepite dai preposti e dagli operai addetti come rischiose per la incolumità fisica essendo mancata quella attività di formazione, sensibilizzazione, vigilanza e organizzazione specifica che competeva” al Direttore.

La Corte di Cassazione ha anche ricordato che “la interruzione del nesso di condizionamento, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l’evento, secondo i principi giuridici enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza richiede che la condotta si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare”.
Infine ha ribadito che “non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l’infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità. Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli”.

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