Cassazione Penale sull’ambiente: Il titolare dell’impresa è responsabile esclusivamente per i rifiuti abbandonati da lui o dai suoi dipendenti e non anche per i rifiuti abbandonati da terzi

Cassazione Penale, Sez. III, sentenza n. 23911 del 6 giugno 2014

Con la sentenza n.23911/2014 la Cassazione Penale ha affrontato la questione della responsabilità del titolare dell’impresa in caso di abbandono di rifiuti per mano di terzi.
Nello specifico il titolare di un impresa era stato ritenuto colpevole, in entrambi i gradi di giudizio, del reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 2 e art. 256, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 183, lett. m), perché, in carenza di qualsivoglia autorizzazione, deteneva su area di proprietà della ditta un deposito incontrollato di rifiuti, in parte derivati dalla propria attività produttiva, e in parte risalenti epocalmente all’attività precedente, accumulati nel corso di un arco temporale di circa cinque anni, sia pericolosi (batterie al piombo, traversine ferroviarie, oli esausti, imballaggi contaminati da sostanze pericolose, apparecchiature fuori uso contenenti CFC) che non pericolosi (rifiuti misti da demolizione, rifiuti legnosi, rifiuti ferrosi, scarti vegetali, rifiuti da imballaggio).
Avverso la decisione il titolare proponeva ricorso deducendo la genericità della tipologia dei rifiuti contestati e la mancata dimostrazione della loro provenienza dalla propria attività imprenditoriale.
La Cassazione, sovvertendo le precedenti decisioni, ha affermato che Il reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, ha natura di reato proprio, richiedendo, quale elemento costitutivo, la qualità di titolare di impresa o di responsabile di ente in capo all’autore della violazione.
Nel caso in oggetto l’imputato aveva fornito la prova che parte dei pretesi rifiuti si trovava in terreni non di pertinenza dell’impresa; che smaltiva regolarmente gli oli esausti a mezzo di impresa terza e i rifiuti non pericolosi; che parte del materiale a cui era stata attribuita la qualifica di rifiuto era in verità materiale di uso corrente ed efficiente; che i residui di polvere erano dovuti al fatto che trattavasi di azienda florovivaistica dedita alla lavorazione della terra; che non era stato fatto alcun accertamento sullo stato di efficienza delle batterie o sulla esaustività degli oli rinvenuti.
Sul punto, la Suprema Corte ha, altresì, precisato che la realizzazione della discarica non poteva essere addebitata al proprietario a titolo di responsabilità omissiva, giacché sul proprietario in quanto tale non grava alcuna posizione di garanzia in ordine ai rifiuti, atteso che gli obblighi di corretta gestione e smaltimento dei rifiuti sono posti esclusivamente a carico dei produttori e dei detentori dei rifiuti medesimi. In particolare, nessun obbligo giuridico di controllo può ravvisarsi a carico del proprietario in relazione a rifiuti gestiti e smaltiti da altri, tale non essendo, evidentemente, l’obbligo di ripristino che ha carattere riparatorio e non preventivo.
Per tali motivi il ricorso è stato giudicato fondato e, pertanto, accolto.

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