Cassazione Penale: titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo

Cassazione Penale, Sez. 4, 05 gennaio 2023, n. 100 – Ustioni occorse al guardiano di un residence a Favignana durante una cena. Effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo.

 

La Corte d’appello ha confermato la sentenza del Tribunale con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione per il reato di lesioni personali, colpose e gravissime ai danni del lavoratore, per un infortunio avvenuto presso il residence facente capo alla moglie, assolta in primo grado, reato aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Emerge dalla decisione conforme, che i fatti per i quali è processo hanno riguardato un infortunio avvenuto nel corso di una cena all’aperto organizzata dall’imputato presso un terreno di proprietà della moglie, ubicato nelle vicinanze della struttura ricettiva. Il dipendente vittima dell’infortunio, con la qualifica di guardiano notturno, era stato, secondo la formulazione d’accusa recepita dai giudici del doppio grado di merito, assegnato anche ad altri compiti, tra i quali il disbrigo delle incombenze relative agli eventi e cene che venivano organizzati, anche a fruizione degli ospiti soggiornanti presso la struttura, secondo un calendario comunicato al lavoratore. L’evento specifico era stato la conseguenza dell’accensione del fuoco per la grigliata che avrebbe dovuto avere luogo la sera dell’infortunio, mentre il lavoratore stava utilizzando una bottiglia di alcool per alimentare le fiamme e velocizzare i tempi di preparazione. I giudici del doppio grado hanno ritenuto che tale mansione facesse parte dei compiti affidati al lavoratore e che, quindi, l’infortunio fosse avvenuto nello svolgimento di attività lavorativa. All’imputato si è contestato di avere adibito l’infortunato, in assenza della moglie e nello svolgimento di mansioni datoriali di fatto, a quella attività lavorativa, senza considerarne l’esposizione ai relativi rischi e senza formare il lavoratore.
La difesa ha proposto ricorso.

Il ricorso è inammissibile.
La Corte ha esaminato le doglianze difensive veicolate con l’atto di appello, muovendo dalla questione inerente alla posizione di garanzia ricoperta dall’imputato. Richiamate le prove, soprattutto orali, acquisite in dibattimento, il giudice ha ritenuto pienamente dimostrato che l’imputato fosse il gestore effettivo della struttura formalmente riconducibile alla moglie, la quale risiedeva a Monza per la maggior parte dell’anno con i figli, per esigenze scolastiche degli stessi.
La tesi difensiva, secondo la quale l’evento occasione dell’infortunio sarebbe stato null’altro che una grigliata tra amici, è stata ampiamente smentita dalle testimonianze degli ospiti e di altri soggetti presenti presso quella struttura o, comunque, a conoscenza dei fatti e la spiegazione sulla infondatezza della prospettata tesi difensiva è saldamente ancorata a tali risultanze, valutate secondo parametri conformi dai giudici dei due gradi di merito, avendo il Tribunale disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero con riferimento alla deposizione della segretaria della struttura, il cui riferito, pur superato dalle altre prove (comprese le dichiarazioni dell’imputato rese nell’immediatezza, a mente delle quali l’organizzazione dell’evento era stata sua, stante l’assenza della moglie) era stato considerato dal Tribunale come un tentativo di sostenere la tesi difensiva della riunione amicale.
I giudici hanno ritenuto, poi, che l’infortunio è avvenuto nel corso dell’espletamento di mansioni lavorative dell’infortunato, al quale spettava, in occasione di questi eventi allestiti anche a beneficio degli ospiti della struttura, di predisporre il necessario per cucinare all’aperto. Le violazioni contestate si erano poste in diretto collegamento rispetto all’evento, atteso che le regole violate erano intese a prevenire incidenti del tipo di quello nel quale il lavoratore aveva riportato le gravissime ustioni, dovute alle fiamme libere sprigionatesi a causa dell’impiego di una bottiglia di alcool per velocizzare le operazioni di accensione della griglia.
Quanto alla posizione dell’INAIL la Corte d’appello ha ritenuto la doglianza superata dall’intervenuto accordo transattivo tra persona offesa e ente assicurativo, con rinuncia di questo alla costituzione di parte civile.
Infine, l’entità del danno cagionato (il V.L. avendo riportato ustioni al volto che avevano richiesto il trapianto della pelle), in uno con l’elevato grado di colpa ascrivibile all’imputato, hanno giustificato lo scostamento della pena di mesi sei rispetto al minimo edittale (da uno a tre anni in caso di lesioni gravissime, art. 590, comma 3, cod. pen.) e il diniego delle generiche.

Fonte: Olympus.uniurb

Vai al testo completo della sentenza…

Precedente

Prossimo