Tamponi e assistenza domiciliare per chi può permettersi di pagarli. Ma la salute è un diritto che la sanità pubblica deve garantire a tutti e non può essere lasciata al libero mercato.
Dalla sanità privata è partita l’iniziativa per un servizio di assistenza sanitaria e diagnostica domiciliare per pazienti Covid-19 in isolamento domiciliare obbligatorio (90 € per il tampone a casa e 450 € per un pacchetto di prestazioni sanitarie a domicilio), ma l’uno e l’altra sono proprio quello che la sanità pubblica deve garantire a tutti coloro che ne hanno bisogno.
È, infatti, un dovere pubblico e, tanto più in questa fase, un’assoluta necessità, garantire servizi domiciliari e continuità assistenziale, per ridurre la pressione sugli ospedali che rischiano nei prossimi giorni la saturazione dei posti letto, ma la sanità lombarda anche in questa seconda ondata epidemica si è mostrata impreparata e non ha organizzato i servizi di sanità territoriale di cui c’è estremo bisogno.
Regione Lombardia nel bel mezzo della seconda ondata pandemica deve farsi subito carico di tutte le persone che ancora oggi, da molti giorni, in assoluta solitudine, attendono di essere contattate dalle ATS o di essere visitate da un medico o dal personale sanitario delle USCA. Non è accettabile che solo chi le può pagare di tasca propria possa riceve prestazioni immediate e adeguate.
Tutto questo nonostante l’emanazione dei decreti nazionali, con lo stanziamento di fondi dedicati, e di una sequela di delibere di Regione Lombardia per disporne l’attuazione senza però di fatto attuarli. Dovrebbero esserci in Lombardia più di 200 unità speciali di continuità assistenziale (1 USCA ogni 50.000 abitanti), e invece, ne sono operative solo 44 in tutta la regione. L’assistenza domiciliare integrata per pazienti COVID non è stata adeguatamente implementata.
Regione Lombardia faccia subito quello che ha scritto nelle delibere, cominciando dall’attivazione di un numero adeguato di USCA e dall’assunzione del personale necessario, e riveda il sistema degli accreditamenti con le strutture private, partendo da un necessario paradigma: il privato non può sostituire il pubblico e approfittare delle sue debolezze, o peggio essere concorrente favorito dalle “regole del gioco”.