Nei giorni scorsi abbiamo CGIL, CISL, UIL hanno sollecitato un incontro urgente al presidente del Consiglio per verificare gli effetti applicativi del “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro” e per chiedere misure più rigorose di sospensione delle attività non essenziali alla luce della consistente progressione dei contagi.
Nell’incontro in video conferenza, tenutosi nel tardo pomeriggio di ieri, è stato proposto dal Governo un primo schema di attività da considerare non essenziali sulla base dei codici Ateco. Unitariamente abbiamo continuato a sostenere la necessità di un intervento urgente che sospendesse tutte le attività lavorative non indispensabili.
Il DPCM e lo schema allegato firmato il 22 marzo 2020 dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Salute non tiene conto se non in modo molto parziale delle istanze e delle necessità che abbiamo posto all’attenzione dell’Esecutivo, prevedendo una serie molto consistente di attività industriali e commerciali aggiuntive rispetto allo schema iniziale presentato dal Governo, per gran parte delle quali riteniamo non sussistere la caratteristica di attività indispensabile o essenziale.
CGIL, CISL e UIL, in questa fase difficile del Paese, hanno rappresentato sempre la necessità di mettere al primo posto, rispetto a qualunque altra valutazione, la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici: per queste ragioni abbiamo sottoscritto il Protocollo condiviso del 14 marzo scorso e sempre per le stesse ragioni abbiamo sollecitato il Governo a sospendere tutte le attività non essenziali rispondendo così alla necessità di contenimento del contagio. Ecco perché riteniamo inadeguato rispetto a questo obiettivo il contenuto del decreto e inaccettabile il metodo a cui si è giunti alla sua definizione.