Contratto unico di inserimento per regolamentare le forme contrattuali precarie.

Al Senato della Repubblica è stato presentato il Disegno di Legge n. 2000, che ha come primo firmatario il Senatore Nerozzi, avente l’obiettivo di ridurre le innumerevoli tipologie di contratti di lavoro che, nella maggior parte determinano casi di precarietà, attraverso l’adozione di una nuova tipologia contrattuale, come il Contratto unico di inserimento.

Lavoro temporaneo, lavoro precario, lavoro flessibile, lavoro accessorio, lavoro intermittente, lavoro ripartito, e ancora contratto di somministrazione, contratto di inserimento, contratto di formazione lavoro, contratto di apprendistato, contratto a progetto, contratto a tempo parziale…queste sono solo alcune delle forme che disciplinano attualmente i rapporti di lavoro.

Le innumerevoli tipologie di contratti di lavoro nel nostro ordinamento, in particolare a seguito dell’approvazione della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (meglio nota come “legge Biagi”), unita ai profondi mutamenti imposti al sistema produttivo dalle innovazioni tecnologiche e di processi di internazionalizzazione, hanno certamente approfondito la frammentazione e l’iniquità del mercato del lavoro.

“Il lavoro stabile tradizionale – scrive l’Associazione Openpolis – è stato eroso nel tempo, i nuovi occupati non godono infatti di forme stabili di impiego”.
In questo frammentato universo di possibilità, e nella maggior parte dei casi di precarietà, si inserisce il disegno di legge presentato in Parlamento dal Senatore Paolo Nerozzi, che cerca di uniformare questa materia definendo una “nuove tipologia contrattuale” in grado di offrire una maggiore flessibilità di entrata alle imprese e contestualmente di ridurre la frammentazione causata dalle più diffuse forme di precariato, il “Contratto Unico di Ingresso” (CUI).

La proposta per il nuovo contratto prevede una “articolazione in due fasi successive”: la prima, detta di “ingresso”, la cui durata non può superare i tre a, e la seguente detta di “stabilità”. Questa ripartizione dovrebbe garantire senza dubbio una stabilità maggiore essendo, di fatto, il CUI un vero contratto a tempo indeterminato. Il lavoratore ottiene, così, una maggiore tutela contro il licenziamento durante la fase di ingresso, essa è crescente e legata alle fasi del contratto, ma solo per motivi economici.

Nella fase di ingresso è riconosciuta un’indennità obbligatoria di licenziamento pari a 5 giorni di retribuzione per ogni mese di lavoro. Con la stabilizzazione la protezione si estende. Per entrambe le fasi resta intatta la normativa vigente per il licenziamento disciplinare o discriminatorio.
Allo stesso tempo l’entità della retribuzione è rapportata alla durata del rapporto. “Il conratto unico di ingresso vuole diventare la forma tipica di prima assunzione” alle dipendenze del medesimo datore di lavoro o committente.
Resta tuttavia aperto il problema delle due fattispecie oggi più esposte al rischio della precarietà: la collaborazione a monocommittenza e la dipendenza a tempo determinato, oggi ammesso anche per mansioni ordinarie, cioè prive di alcun carattere di transitorietà, ed a bassa qualificazione. Viene proposto, a tal proposito un intervento legislativo ad hoc attraverso un’elencazione stringente delle fattispecie ammissibili che riconosca comunque alle imprese la possibilità di utilizzare i contratti di dipendenza a termine anche al di fuori di queste, ma limitatamente ad alcune prestazioni con un contenuto minimo di qualificazione.

Infine l’introduzione della nozione di “Salario minimo legale” per tutti, inclusi i contratti di formazione. Per farlo viene rinviato ad un’intesa con le parti sociali da stipularsi entro sei mesi al Ministero del Lavoro dove va individuato un compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti di lavoro, inclusi quelli con contenuto formativo. Decorso inutilmente tale termine, il compenso minimo viene stabilito su proposta del CNEL, approvata dal Consiglio dei Ministri e sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative.

(LG-FF)

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